Fine guerra in Ucraina, la società russa può fermare Putin? Le risposte

Intervista a Piero Graglia, docente di Storia delle Relazioni Internazionli all'Università Statale di Milano

Il manifesto di Putin: "La Russia non inizia le guerra, le finisce"

Il manifesto di Putin: "La Russia non inizia le guerra, le finisce"

Sulle strade delle città russe campeggiano da giorni manifesti con le foto di un ringiovanito Putin accanto alla slogan: "La Russia non inizia le guerre, ma le finisce". Propaganda a parte, come lo Zar intende concludere la guerra all'Ucraina, paese da "demilitarizzare e denazificare", non è chiaro. Potrà essere il popolo, cui oggi Putin si è rivolto attraverso una grottesca e rassicurante videoconferenza con i ministri, a spingerlo a terminare le operazioni belliche?. In altre parole, quale può risultare il punto di rottura? Lo chiediamo a Piero Graglia, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all'Università Statale di Milano. 

Le forze di Mosca si avvicinano sempre più a Kiev. Prime bombe a Ovest

Professore, ci aiuti a decodificare la società russa e le sue reazioni alla guerra che i media occidentali non riescono a intercettare.

"Mi chiedete qualcosa di molto complesso, la società russa è davvero indecifrabile. "La Russia è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma", disse allora Winston Churchill. E le cose non sono mai cambiate. Anzi, in questo momento diventa ancora più difficile visto che non c'è libertà di espressione. E chi alla propria opinione non rinuncia rischia l'arresto, la galera o una multa da cinque milioni di rubli".

Ma è possibile immaginare una qualche forma di reale opposizione popolare a Putin?

"Al di là di diffuse posizioni reazionarie a sostegno del governo, esistono forme di dissenso e non solo da parte di chi scende in strada a manifestare. Ma dobbiamo ricordarci che la società russa è fondamentalmente chiusa e individualista. Così si è diventata dopo la fine dell'Unione Sovietica. Il concetto di bene collettivo è associato a un passato anche drammatico e cede di fronte a quello di interesse personale. Per cui non possiamo attenderci molto, anche perché, dallo zarismo al socialismo, i russi hanno dimostrato una capacità di sopportazione proverbiale".

Vuol dire che le sanzioni che l'Onu ha inferto a Mosca non avranno presa? 

"Intanto c'è da dire che rispetto a quelle del 2014 che colpivano "ad personam"  queste sono e saranno più efficaci perché danneggiano l'economia reale e provocheranno disagi enormi. Ma, ripeto, il popolo russo sa sopportare e non si ribella, discorso diverso per gli oligarchi". 

In che senso?

"Il boicottaggio economico internazionale, compreso quello delle banche cinesi e la fuga dei grandi colossi occidentali, farà male soprattutto agli interessi del gruppo di potere a sostegno di Putin, verso cui crescerà ostilità se non si troverà una soluzione alla crisi".

Esiste un sentimento anti-ucraino nella popolazione?

"Parliamo di due gruppi nazionali diversi con una lingua simile e in costante interdipendenza tra loro. Ci sono anche vecchie ferite che non si rimarginano, come i 5 milioni di ucraini uccisi da Stalin dal 1933 al 1936, ma non significa che ci sia un comune sentimento anti-ucraino tra i russi".

Dall'esercito in difficoltà ci si può attendere qualche forma di reazione?

"Difficile, Putin ha emulato le scelte di Stalin quando combattè Hitler con le truppe di rincalzo che venivano da Siberia e regioni orientali. Anche oggi i soldati russi in Ucraina non sono "metropolitani", bensì giovani provenienti da aree lontane dalle grandi città e spesso non hanno contezza di quanto sta avvenendo".  

Quali scenari immagina allora?

"Difficile fare previsioni ma, fallita la guerra lampo, quella di logoramento diventa insostenibile per tutti. Putin ci ha messo la faccia ma non ha prospettive nè speranze di uscire in tempi rapidi con gli obiettivi che si era preposto, anche vincendo da un punto di vista militare: mettere cioè un governo fantoccio, stile Yanukovich, che peraltro la comunità internazionale non riconoscerebbe. A un certo punto un'analisi dei costi e benefici gli suggerirà di uscire dal pantano in cui si è cacciato, "accontentandosi" di quanto l'Ucraina intende concedere".

Perché i negoziati non stanno portando a risultati?

"I negoziati sono validi quando le armi non sparano, altrimenti diventano una farsa". 

 

Alla luce dell’intensificarsi delle violenze e della conseguente emergenza umanitaria in Ucraina, le testate del Gruppo Monrif (Quotidiano Nazionale, il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno) hanno deciso di lanciare una raccolta fondi per rispondere alle enormi necessità della popolazione ucraina. 

PER DONARE PER L’EMERGENZA UCRAINA TRAMITE BONIFICO

Intestatario: Editoriale Nazionale

Banca: Unicredit SPA

IBAN: IT 78 H 02008 02435 000106364800

Causale: UN AIUTO PER L’UCRAINA