LUCA MIGNANI
Milan

Maldini e il Milan, amore viscerale: “Estrema passione per questi colori, ma a San Siro non vado”

Le parole dell'ex capitano e dirigente rossonero: “Vivo bene il presente, seguo la squadra e non riesco a vedermi in un altro club”

Paolo Maldini

Paolo Maldini

Milano, 9 maggio 2024 – “Vivo bene il presente. Per me il Milan è estrema passione: sarà sempre così, al di là delle ere che ho passato in questa società”.

Paolo Maldini torna a parlare e tocca innanzitutto le corde del cuore. Simbolo, capitano, bandiera e storia nella storia del Diavolo: dal debutto in prima squadra nel 1985 al ritiro nel 2009, dai 7 campionati alle 5 Coppe dei Campioni e Champions conquistate, 27 titoli in totale, compresa una Coppa Italia Primavera.

Il recente passato da dirigente rossonero, cinque anni e uno scudetto prima dell'addio di quest'estate. Poche settimane fa l'attuale presidente del Milan Paolo Scaroni aveva detto di lui: “Non l'ho più sentito, se qualcuno guarda al passato con un certo tasso di acrimonia significa che non sta vivendo benissimo il presente. Mi auguro che non sia questo il suo caso, gli auguro ogni soddisfazione”.

La risposta è la stessa di allora: “Vivo bene il presente”. Sulla sua esperienza da dirigente al Milan: “Dopo il ritiro da calciatore non avevo ben chiaro cosa avrei voluto fare. Allora ho provato ad avere ben chiaro quello che non avrei voluto fare: l'allenatore e altre cose, come lavorare in televisione. Non era detto che questa opportunità arrivasse, anche se era arrivata già prima del 2018 (due anni prima, con il Milan di Yonghong Li, ndr), ma grazie a Dio avevo analizzato bene la cosa”. Rifiuto.

Non due anni dopo. “La proposta mi è arrivata da Leonardo, una fortuna lavorare con lui. Ho scelto di fare il dirigente perché dopo 31 anni di carriera avevo tante cose da raccontare e insegnare. Poi il ruolo chiedeva tutt'altro rispetto a quello che mi potevo aspettare, l'ambientamento è durato una decina di mesi. Tornavo a casa insoddisfatto, non riuscivo a determinare come da calciatore. Lo dicevo tutti i giorni a Leonardo, lui rideva e rispondeva che mi sarei reso conto più avanti del mio impatto”.

E ancora: “O Milan o Nazionale? Una regola che vale soprattutto per l'Italia, non ce la farei e non ce la faccio a vedermi in un club che non sia il Milan. Al Psg non avevo detto di no: ero stato a Parigi tre volte, avevo parlato col presidente Nasser Al-Khelaifi e dato la disponibilità. Poi la cosa non è andata avanti. Un bene, col senno di poi: era una società ancora in grande evoluzione, non conoscevo il Paese e la lingua, probabilmente sarebbe stato un fallimento”.

Sul presente: “Seguo il Milan, oltre al Monza dove gioca mio figlio Daniel, prima all'Empoli. Ma a San Siro non vado, mi sembra logico. I calciatori rossoneri che mi emozionano? È una questione anche di relazioni, in cinque anni ne abbiamo portati 35 circa, con ognuno c'è un rapporto speciale. Quando poi guardo la fascia sinistra... è uno spettacolo”.

Chiusura sull'Inter: “Cosa ha avuto in più? La società: è la struttura sportiva che determina il futuro dell'area sportiva. Ed è stata gratificata con contratti a lunga scadenza: c'è stata una strategia. Non è un caso che il Napoli sia andato male dopo la partenza del ds (Giuntoli) e dell'allenatore (Spalletti). Si dà poca importanza alla gestione del gruppo, si considerano i giocatori della macchine, ma per produrre hanno bisogno di qualcuno dietro che li aiuti”.

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