MATTIA TODISCO
Inter

Inter, la rivincita di Ranocchia: "La morte di Astori mi ha cambiato"

Dal cyber bullismo alla scomparsa di Davide: "I dispiaceri mi hanno reso più forte, in campo e nella vita"

Andrea Ranocchia

Milano, 11 maggio 2018 - Poco meno di tre mesi fa, Andrea Ranocchia ha fatto trenta. Ha scollinato l’età dell’avvenuta maturità calcistica, in cui si è ormai coscienti da tempo che la natura umana non consente tutta una vita dietro a un pallone. Man mano che gli anni trascorrono, in compenso, si è più certi di quel che si è, di quanto si è fatto. Il calcio di alto livello non aiuta a guardare più in là di pochi mesi. I contratti sono ricchi, ma corti, le maglie si cambiano con frequenza sempre maggiore. Ranocchia, il cui accordo con l’Inter scadrà tra nel giugno 2019 e che prima della chiusura del bilancio al 30 giugno difficilmente ne saprà di più su quanto gli accadrà, potrebbe comunque restare nella Milano nerazzurra per completare la colonia italiana in vista delle liste europee del prossimo anno.

Quella dell’Inter è una realtà che lo vede tra i senatori, dopo sette anni interrotti solo da due brevi parentesi con Sampdoria e Hull City, quest’ultima chiusa la scorsa primavera. Da quell’ultimo semestre in Inghilterra in poi, gli accadimenti nella vita personale sono stati lo specchio di un saliscendi che ha spesso caratterizzato anche il suo curriculum sul terreno di gioco. È stato un anno particolare, sotto molti punti di vista.  «Mi sono sposato a giugno dopo sette anni di convivenza e adesso con mia moglie Giulia aspettiamo un bambino che arriverà tra due settimane. Siamo un po’ tesi e ovviamente molto contenti. Dall’altro lato ho perso mia nonna a gennaio e un amico come Davide Astori, con cui sono stato compagno di stanza. Lo conoscevo da tantissimo tempo. È qualcosa che ti colpisce profondamente, sinceramente non credo di aver realizzato ancora quanto accaduto».

Come si reagisce a un evento del genere?

«Intanto di quella mattina non ricordo nulla, nemmeno cosa ho fatto dopo. Nei giorni successivi non sono riuscito a dormire. Quando viene colpita una persona vicina a te è un colpo pesante. Dai ancora più valore alle cose più semplici».

La famiglia, ad esempio. Quanto aiuta avere una stabilità familiare?

«Tantissimo. Senza Giulia, mia moglie, non so cosa mi sarebbe successo in questi anni. Chiamando le cose con il loro nome, io sono stato vittima di cyber-bullismo durante la mia carriera. Ci sono stati periodi complicati. I social ci dovrebbero dare una responsabiltà enorme, al contrario mi sembra sia cresciuto il livello di ingenuità e cattiveria. Gli stessi media dovrebbero fare attenzione, anche solo nei toni con cui si scrive una pagella. Quando qualcosa è scritto è scritto, viene letto da milioni di persone e fa montare la cattiveria».

Andiamo indietro nel tempo: 23 agosto 2009 e un esordio in A contro l’Inter campione d’Italia.

«Con la maglia del Bari, una grandissima partita e un’emozione particolare. Avevo 21 anni, è un’età in cui realizzi più avanti cosa ti sta succedendo».

Dalla prima all’ultima, con il gol all’Udinese. Le era già capitato di scoprire nel riscaldamento di dover giocare?

«Una volta, all’esordio in Premier con l’Hull City: si fece male Dawson, giocai e feci un assist contro il Liverpool. Vincemmo 2-0. Sei mesi molto belli, quelli in Inghilterra. In ogni caso quando ti alleni bene non cambia molto se te lo dicono all’ultimo. L’esperienza aiuta e mi è servita soprattutto in una stagione come questa in cui ho giocato meno».

Pur con un minore utilizzo, se c’è qualcuno che ha sempre sostenuto Spalletti questo è stato lei. Perché?

«A inizio anno fece un gesto per difendere me e il gruppo da un tifoso che mi aveva insultato a bordo campo in ritiro, è qualcosa per cui lo ringrazierò sempre. Io valuto l’uomo, la persona. In più ho un metro di giudizio che è quello del campo rispetto agli anni passati. Ce la stiamo giocando, nonostante un periodo difficile in inverno. Siamo stati bravi a gestirlo».

C’è un’affinità caratteriale con il tecnico: due persone tranquille, ma con la battuta pronta, che si vedono ben poco in giro.

«Diciamo che mi godo la vita, non mi faccio mancare nulla, ma non sono uno che esce molto la sera. Per me la serenità è poter cenare con le persone a cui voglio bene, insieme a tante altre cose, che possono essere anche andare a pesca o leggere un libro. Ora sto leggendo ‘Le mie tele-visioni’ di Costanzo. Molto bello».

Dove vivrà Ranocchia a fine carriera?

«A casa mia ad Assisi. Ho comprato un terreno con un casolare. Sono molto legato alla mia terra. Mi piacerebbe aprire una scuola calcio, portare loro la mia esperienza. Sto buttando giù delle idee, ma ci penserò più avanti».

Cosa racconterà a questi ragazzi di quello che ha vissuto nei momenti più difficili in carriera?

«C’è stato un momento in cui sono stato insultato in ogni modo. Quando vai in difficoltà ti puoi lasciare trasportare, ed è la reazione sbagliata, oppure fai un altro giro di maniche e lavori. Negli ultimi anni mi sono allenato molto duramente. Non lo avessi fatto non sarei riuscito a giocare a un buon livello dopo tante panchine».

Col senno di poi accetterebbe la fascia di capitano dell’Inter?

«Sì, anche perché ormai sono consapevole di quel che sono, per cui vivo tutto con grande entusiasmo. Anche la corsa Champions che stiamo vivendo. Sudiamo ogni giorno per questo traguardo. Certo, dovessimo fallire sarebbe un dispiacere enorme».