Giorgia al Forum di Assago: "A Milano raddoppio, che ansia"

Due date "perché qui mi amano molto"

Giorgia

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Milano, 5 maggio 2019 - «Io non sono mai per raddoppiare», premette Giorgia, parlando del doppio appuntamento che domani e martedì la vedrà al Forum con il suo Pop Heart Tour. «Sono sempre in ansia per come starò “il giorno dopo”. È stata la mia agenzia ad insistere, perché a Milano mi amano e ne volevano ancora… e allora “ancora” sia. Incrocio le dita, però».

Cambiare la band prima del tour è stata una scommessa. Vinta?

«Si è trattato di una scelta obbligata dagli impegni pregressi dei miei musicisti. All’inizio ero preoccupata perché ci avevamo messo anni a comporre un gruppo affiatatissimo, ma il caso ha voluto che se ne creasse un altro altrettanto affiatato e, ovviamente, nuovo nell’approccio a quei pezzi che canto da tanto; la cosa m’ha dato una nuova spinta nell’interpretare, una nuova ispirazione e la sorpresa di note nuove».

Ci sono cover che dal vivo hanno assunto un’intenzione diversa rispetto a quando le ha incise?

«Beh, “Le tasche piene di sassi” lo sento quasi come un pezzo mio, e “Dune mosse” ha assunto dei tratti decisamente rock. Pure “Anima” è un momento intensissimo del concerto; abbiamo seguito le linee degli arrangiamenti del disco ma, com’è giusto che sia, nel live certi equilibri cambiano. Ma non lo decidi tu, accade attraverso l’interazione che si crea tra i musicisti».

Balza all’occhio l’assenza de “Il conforto” di Tiziano Ferro.

«Ne mancano anche altre che ho tenuto in serbo per le date sotto le stelle del Pop Heart Summer Nights. “Il conforto” la farò con Tiziano… quando verrà a trovarmi!».

“I will always love you” l’accenna solo. Timore reverenziale nei confronti della Houston?

«Certo! Addirittura prima dell’inciso guardo in su e le chiedo scusa. Ma è il mio saluto al pubblico, il messaggio d’amore più efficace che ci sia: always!».

Si è molto parlato dell’assenza di interpreti femminili sul palco del Primo Maggio. Ambra ha dato la colpa alle classifiche, in cui scarseggiano le donne. Oggi quello della musica è un mondo maschilista?

«Non per drammatizzare, ma è il mondo ad essere maschilista; un’inclinazione culturale sedimentata nei secoli. In fondo non è passato poi così tanto da quando le donne hanno avuto diritto di voto. Almeno adesso ci si pone il problema, se ne parla, e questo è il segno che grazie a donne eccezionali prima di noi qualche passo è stato fatto; la nostra speranza è crescere le nuove generazioni con pensieri diversi dal passato, raccontando loro quello che è successo e succede, trasferendo loro un’idea di opportunità che prescinde dal sesso dalla razza dalla religione».

“It’s a man’s, man’s, man’s world” cantava James Brown.

«Se ci si pensa, pure il tempo è maschilista: un uomo che invecchia è più affascinante, la donna che invecchia... lasciamo stare. Ma è una mentalità. Sono gli occhi con cui ci dicono di guardare. Bisogna cambiare tutti, a cominciare da quelle donne che, per sopravvivere in questa società difficile, non prendono consapevolezza di sé».

Venticinque anni dopo, con che occhi guarda alla Giorgia di “E poi”?

«Con un certo choc. Per le sopracciglia enormi che aveva e perché è già passato così tanto tempo. Guardo a quella Giorgia anche con una certa tenerezza, per le cose che avrebbe dovuto imparare da quel momento in poi, ma anche con tanta ammirazione per l’incoscienza di andare a Sanremo con un pezzo così difficile che, adesso, non mi farebbe dormire la notte!».

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