Lavoro, più giovani inattivi: ripresa in salita

Il 6,6% dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni ha smesso di cercare un impiego

Giovani

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Dalla “carta d’identità” di Milano nel 2020 alle sfide della ricostruzione e del “tempo della cura“: questo il focus del Rapporto sulla Città Ambrosianeum 2021 presentato ieri mattina. "I bambini in età da nido, tra 0 e 3 anni (4,1%) sono la metà degli ultraottantenni (8,1%), i teenager (17,1%) poco più della metà dei cittadini sopra i 60 anni (28,2%) – fotografa nel saggio Elena Granata –. Il milanese-tipo è un uomo o una donna adulto tra i 30-54 anni (37%), single, con una buona posizione lavorativa". Sotto la lente, in tempi di pandemia, finisce il lavoro e “La forza della città fragile” inquadrata da Rosangela Lodigiani, curatrice del rapporto: "Il tasso di occupazione (15-64 anni) è calato a Milano di -1,9 punti percentuali (dal 59% del 2019 al 58,1% del 2020), più che in Lombardia (-1,5) e che nella media italiana (0,9)". Paradossalmente cala anche il tasso di disoccupazione - di 0,2 punti percentuali (anche per via di quel blocco dei licenziamenti, che ora viene meno) - ma spicca il dato sull’aumento dell’inattività: tra il 2019 e il 2020 le persone senza lavoro che hanno alzato bandiera bianca, rinunciando anche a cercare un impiego, sale di 2,2 punti percentuali (2,4 tra i maschi e 1,7 tra le femmine) e la situazione si fa più “pesante“ fra i giovani maschi: +6,6 tra i 18-29enni, +3,9 tra i maschi che hanno tra i 25 e i 34 anni e +3,3 tra le coetanee. "Giovani scoraggiati": l’ardua sentenza.

Altro elemento da tenere presente nella città che cambia è lo smart working: "Superata la pandemia – stima Gabriele Pasqui nel rapporto – l’utilizzo del lavoro da remoto sarà ben più diffuso e coinvolgerà il 75% delle realtà industriali e dei servizi alle imprese a Milano città (contro un 43% precedente) e il 54% nell’hinterland (contro il 20%)". Partendo dalla fotografia di Milano, sviluppata per macrotematiche e nei dettagli dei diversi aspetti che caratterizzano la città, hanno cercato di far sintesi e di dare indicazioni di prospettiva Marco Garzonio, presidente di Ambrosianeum Fondazione Culturale, il rettore dell’università Statale Elio Franzini e Floriana Cerniglia, economista della Cattolica. "Evitiamo ove possibile l’enfasi della ripartenza – ha sottolineato Franzini – riprendere sarà lungo, difficile, impegnativo. Avremo bisogno di una rieducazione al nostro sentire quotidiano. E dobbiamo superare il grande pericolo: costruire uomini blasé, indifferenti alla realtà che abitano, che passeggiano nella città e non ne colgono le contraddizioni". Il rischio è avere una città che corre a due velocità: "Milano si può proporre come città-laboratorio – ha ricordato Lodigiani – capace di avere cura del mondo, di guardare al di là di sé, ma avendo cura del proprio territorio, partendo da un’identità ritrovata".

«Milano per merito o demeriti altrui ha funzionato meglio di altre città dopo la crisi del 2008-2009, perché ha eccellenze, le università milanesi sono tra le migliori, produce brevetti e innovazione – ha concluso Floriana Cerniglia, professoressa di Economia politica – ma occorre stare molto attenti al mito delle global cities e la pandemia ci ha insegnato che Milano è forte se è forte tutto il Paese".

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