JESSICA MULLER CASTAGLIUOLO
Economia

Fondazione Cariplo, nuova strategia per il welfare: "Precari, disabili e anziani: una Milano malata di solitudini"

Il presidente Giovanni Azzone: c’è nostalgia del senso di comunità, dobbiamo rafforzare le reti sociali. "Emergenza lavoratori poveri. Ora un piano di sviluppo disegnato sulle specificità dei territori"

Giovanni Azzone, presidente di Fondazione Cariplo

Giovanni Azzone, presidente di Fondazione Cariplo

Milano -”È molto diverso sentir parlare di disuguaglianze e sbatterci la faccia. All’inizio del mandato mi sono trovato di fronte a temi noti, ma conoscere da vicino le fragilità e chi se ne occupa, mi ha insegnato molto".

A distanza di un anno dall’inizio della sua presidenza in Fondazione Cariplo – concluso con oltre 177 milioni di euro in attività filantropica (in aumento di quasi 40 milioni rispetto ai 141 del 2022) e con 1.178 progetti sostenuti – Giovanni Azzone racconta di essersi trovato faccia a faccia con una Milano "complessa". Una città nella quale le maglie della disuguaglianza non solo appaiono più strette ma anche intessute tra loro, con fenomeni che si autoalimentano. "Da fuori sembra che gli unici problemi siano il caro affitti e la sicurezza. Dall’interno ci si rende conto che questi, spesso drammatizzati, ne incontrano molti altri. Ne cito uno: i lavoratori poveri".

Fenomeni complessi che richiedono un’azione mirata: "Mi piace pensare alla Fondazione come a un bellissimo transatlantico. Non si può farlo girare improvvisamente di 90 gradi, ma se il mare cambia è necessario adattarsi al contesto". Un contesto nel quale, sostiene il presidente, bisogna agire con un welfare di precisione: "Perché il rischio è che le risorse restino gocce nel mare".

Nell’iperconnessa e affollata Milano si è più soli, presidente Azzone?

"La solitudine è forse la malattia che uccide di più. C’è un senso di nostalgia, quando si pensa alle vecchie comunità che erano più unite e le reti familiari più solide. Ma non possiamo tornare a quel mondo. Possiamo però fare in modo che in questo contesto ci siano meno solitudini. Uno dei nostri obiettivi è rafforzare la comunità, che è l’antitesi della solitudine".

Parla di solitudini, al plurale.

"Sì, la solitudine ha molte facce. In ascesa c’è quella degli anziani e dei giovani, ma anche quella dei diversamente abili. Ancora: la solitudine dei lavoratori poveri, che pur avendo un lavoro non riescono ad arrivare a fine mese. Non ultima, quella dei minori non accompagnati che arrivano nel nostro paese senza avere una famiglia e che se non riusciamo a integrare rischiano di finire in reti sbagliate".

Lei è anche scrittore. In uno dei suoi romanzi – un giallo – un omicidio che avviene in una Milano del 2030 si fa pretesto per riflettere sull’impatto che l’innovazione ha sulla società. Con la tecnologia ha avuto a che fare molto, anche in qualità di rettore del Politecnico. Quali sono i rischi che vede?

"La tecnologia non è neutra e dipende dalla nostra capacità di guidarla. Sono convinto ad esempio che i dati possono avere un ruolo importantissimo nel nostro settore. Si usano spesso per definire le esigenze del singolo a fini commerciali, immaginiamo quanto possono essere preziosi se usati a fini filantropici. È una delle nostre sfide".

Ha portato quindi in Cariplo anche molto della sua esperienza professionale?

"Ci provo. L’ingegnere di sistema è una figura che deve affrontare problemi complessi, quindi cerca di cogliere le connessioni che esistono fra mondi apparentemente differenti tra di loro. L’organizzazione filantropica lavora in verticale su diversi temi, come welfare, cultura, ambiente, ricerca scientifica. Credo invece che vadano sempre più considerati insieme".

Lasciamo Milano. Cosa ha raccolto dai territori lombardi nei quali operate?

"Il tema dell’eterogeneità della comunità tocca Milano in modo più ampio, ma anche le province. Bisogna conoscere a fondo le diverse comunità per agire, per questo abbiamo ascoltato le amministratori e le fondazioni locali. I territori sono consapevoli del vantaggio dell’essere vicini a Milano, ma non bisogna correre il rischio che ne siano fagocitati. Ecco perché cerchiamo di cogliere progetti di sviluppo che siano coerenti con le specificità sul territorio".

Presiede da pochi mesi anche Acri, l’associazione che riunisce Fondazioni e Casse di risparmio. Dopo l’inchiesta aperta sulla Fondazione Crt di Torino, le fondazioni di origine bancaria si sono rivelate più fragili a suo avviso?

"La moneta cattiva scaccia la moneta buona, purtroppo. Quello che ho conosciuto come presidente dell’Acri è un contesto di grandissima attenzione delle Fondazioni verso le proprie comunità. Questo non vuol dire che siamo in un mondo nel quale non possono esserci errori, ma i casi critici si contano sulle dita di una mano. Le Fondazioni investono un 1 miliardo all’anno in filantropia. Inutile dire che l’Italia ne ha molto bisogno".