Milano, agli Arcimboldi le ispirazioni letterarie dell’arpa di Loreena McKennitt

Venticinque concerti in dieci paesi europei, tra cui Spagna, Germania e, appunto, Italia

McKennitt

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Milano, 20 luglio 2019 - John Keats a William Butler Yeats hanno sempre fatto parte dell’immaginario musical-letterario di Loreena McKennitt, ma Lost souls, il brano da cui prende titolo l’album che l’arpista canadese presenta domani sera agli Arcimboldi, scivola tra le pagine di Ronald Wright e del suo fortunato saggio Breve storia del progresso. «Wright è un antropologo che nel volume prova a decodificare la storia della nostra civiltà come un ingegnere aeronautico la scatola nera di un Boeing», spiega la rossa icona della musica celtica, 62 anni, che alla Bicocca è accompagnata da Brian Hughes, chitarra, loud e bouzouki, celtico; Caroline Lavelle, violoncello; Hugh Marsh, violino; Dudley Philips, contrabasso, e Robert Brian, batteria. «Da antropologo, Wright rileva che noi come specie umana abbiamo la propensione a farci intrappolare dal progresso.

E se un tempo eravamo più attratti dalla crescita morale ed etica rispetto a quella tecnica, l’avvento della rivoluzione industriale ha invertito le cose. Il libro è stato scritto quasi 10 anni fa con un occhio puntato sulla situazione ambientale e in me, che proprio negli ultimi tempi ho speso molte energie a studiare il rapporto tra società e tecnologia ha avuto un grosso effetto rafforzando le preoccupazioni per le conseguenze che tutta questa digitalizzazione può avere sul nostro senso di amicizia, di comunità, e quindi sul significato delle nostre vite. Argomento caro anche a un altro piccolo libro molto potente intitolato L’uomo in cerca di un senso di Viktor Frank».

Erano otto anni, da The wind that shakes the barley, che Loreena non tornava in studio. Un live (Troubadors on the Rhine) e un’antologia (The journey so far) hanno provato a colmare l’assenza, preparando il terreno al grande ritorno e a questi venticinque concerti in dieci paesi europei, tra cui Spagna, Germania e, appunto, Italia, affrontati della McKennitt col blasone delle due nomination al Grammy e dei 14 milioni di album venduti in trentaquattro anni di carriera. «Sono cresciuta a Morden, cittadina di 3.500 anime nel mezzo delle praterie del Manitoba, appena sopra il Nord Dakota», spiega. «Un crogiolo di razze, anglosassoni, irlandesi, tedeschi, francesi, con un forte senso di comunità. Anche se ho iniziato a interessarmi alla musica celtica dopo il trasferimento a Winnipeg, prima frequentando il liceo e poi durante gli studi di veterinaria. Nell’81 mi sono trasferita però a Stratford, Ontario, e dopo quattro anni di lavoro nella Shakespearian Theatre Company e la mia carriera nel mondo dell’arte era decisa».

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