Usura: "Non ci interessa chi è tuo nipote" . Minacce allo zio di Gattuso

Nell’inchiesta antimafia che ha fatto scattare 7 arresti tra Milano e Pavia nel memoriale di una vittima spunta il nome del parente (non indagato) dell’ex calciatore

Un'immagine agli atti dell'inchiesta

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Milano - "Guarda che ne rispondi tu! Di questi soldi se lui non paga prima scanniamo a lui e poi veniamo da te! E a noi non interessa chi è tuo nipote!". Il nipote del minacciato in questione sarebbe Rino Gattuso, ex centrocampista del Milan e della Nazionale, ovviamente all’oscuro di tutto. In un’inchiesta sull’usura all’ombra di ’ndrangheta è spuntato però il nome di suo zio Damiano Gattuso, che comunque non risulta tra gli indagati. Il riferimento allo "zio del calciatore" emerge da una pagina del “memoriale“ di una delle vittime dello strozzinaggio, un imprenditore arrestato nel 2019 per un traffico di rifiuti e dalle cui dichiarazioni sono partiti gli accertamenti di un’indagine della Squadra mobile (coordinata dal pm Francesco De Tommasi) su usura ed estorsioni, che ieri ha portato a sette arresti tra Milano e Pavia.

Stando al racconto, sarebbe stato proprio Damiano Gattuso a mettere l’imprenditore "in contatto" con Orlando Demasi, 46 anni, ora in carcere, affiliato alla “locale“ di ’ndrangheta di Giussano (Monza e Brianza) collegata a un clan di Guardavalle (Catanzaro). Personaggio a cui nel 2019 erano stati già confiscati 3 milioni di euro dal tribunale milanese. La vittima ha parlato di un "incontro presso un bar a Gallarate", provincia di Varese, a cui erano presenti lui, Damiano Gattuso e Demasi. Quest’ultimo avrebbe chiesto all’imprenditore "di quanti soldi avessi bisogno e io gli dico 10mila euro, a tutta risposta lui mi dice ti costano il 40% (...) alla fine della discussione ci accordiamo per il 25% al mese".

Demasi a quel punto avrebbe detto a Damiano Gattuso quelle parole: "Guarda che ne rispondi tu! Di questi soldi se lui non paga prima scanniamo a lui e poi veniamo da te! E a noi non interessa chi è tuo nipote!". E che potesse esserci del vero lo racconta lo stesso beneficiario del prestito e autore del “memoriale“: "Se non avessi onorato gli impegni sarei stato gambizzato, nella migliore delle ipotesi". "Dopo un decina di giorni - aggiunge - mi chiama Damiano perché è stato contattato da Orlando Demasi per darmi i primi 10.000 euro, io a mia volta consegno un assegno a garanzia dietro la preoccupazione di Damiano. Dopo un mese, alla scadenza, io restituisco i soldi ad Orlando, però non mi ricordo se con bonifico o facendogli incassare l’assegno e Damiano fa un sospiro di sollievo e io lo ringrazio di tutto".

Dopo un altro mese Demasi sarebbe tornato nel capannone dell’imprenditore. "Con naturalezza ma quasi sottovoce - ha spiegato la vittima - mi dice “io vendo soldi e tu ne hai bisogno, se tu mi sarai fedele, ti darò modo di non avere più bisogno di soldi, l’importante è non sgarrare“".Dall’indagine, scrive il gip Fiammetta Modica, è emersa la figura di Demasi, che ha la "dote" della "camorra" nel clan e che "vendeva denaro e, tramite un giro di società allo stesso sostanzialmente riconducibili curava l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, forniva una copertura ad ingenti movimenti di soldi, funzionali a plurimi scopi suoi e dei suoi “clienti“". È venuto a galla "un sistema solido di 'cartiere' intestate a prestanome, quasi sempre coincidenti con i cosiddetti 'monetizzatori' e intestatari di conti correnti anche on line" pure presso una "banca tedesca" .

Tra gli arrestati (ai domiciliari) Umberto Zivieri, titolare di una delle società riconducibili a Demasi. In carcere sono finiti Sebastiano Forte, amministratore di fatto di società con lo ’ndranghetista, e Gabriele D’Asta, titolare di un’altra società. Proprio dall’intercettazione ambientale di un colloquio in auto tra Demasi e il suo braccio destro D’Asta, gli investigatori colgono la preoccupazione di quest’ultimo dopo l’idea che gli era venuta di nascondere del denaro all’interno di un capannone di Rosate tra quelli a disposizione del gruppo. "C’è un posto... c’è una specie di foro... dentro lì c’è segatura... però lì i topi mangiano lo sai? E’ quello il problema! Lo rosicchiano...Porca puttana, ci manca pure quello!" Oltre ad un secondo episodio di usura ("avevo paura" ha raccontato un altro imprenditore), nelle carte si parla pure di un caso di presunta estorsione, legato ad una fornitura di droga, nel corso del quale il presunto ‘ndranghetista avrebbe sferrato "una testata" alla nuca "della vittima".

mail: mario.consani@ilgiorno.net

 

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