Milano, telecamere e Dna: arrestato lo stupratore

Ad agosto aveva violentato una ragazza di notte nei giardini vicini a piazza Gae Aulenti: è un ventitreenne senza precedenti

Polizia

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Milano, 27 settembre 2020 - Nel fotogramma catturato da una telecamera di videosorveglianza appare la sagoma di un uomo che con il braccio stringe la testa di una donna come in una morsa trascinandola giù per i gradini di piazza Gae Aulenti verso il giardinetto sottostante. In un altro, il monopattino con cui sarebbe fuggito. Così i poliziotti della Squadra Mobile di Milano diretti da Marco Calì sono riusciti a incastrare il presunto stupratore di una trentaquattrenne polacca: un italiano di origini egiziane di 23 anni, incensurato, arrestato per violenza sessuale. A inchiodarlo è stata l’analisi del Dna: è suo, quello trovato addosso alla vittima. Così è scattata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

I fatti risalgono al 24 agosto. Alle 6 del mattino in via Melchiorre Gioia all’angolo con viale Liberazione una donna attira l’attenzione di una Volante di passaggio: è in stato confusionale, dice di aver bisogno di aiuto dopo essere stata aggredita da un egiziano a lei sconosciuto. I poliziotti si attivano e la trentaquattrenne viene accompagnata al Soccorso violenza sessuale e domestica della clinica Mangiagalli dove racconta che quel giovane ha abusato di lei in un prato vicino a piazza Gae Aulenti durante la notte. Le indagini della quarta sezione della Squadra Mobile partono subito, gli agenti acquisiscono i filmati delle telecamere e passano al setaccio la zona. Dopo qualche giorno, il referto medico parla di segni compatibili con una violenza. La vittima sporge denuncia e le indagini proseguono. Il laboratorio di biologia del Gabinetto regionale di polizia Scientifica, a Milano, ha già analizzato campioni di Dna.

Continuando a passare al setaccio i filmati, gli agenti notano quello stesso monopattino immortalato molte ore prima: a utilizzarlo è un ragazzo con due amici, allontanatisi prima della violenza. Riescono a identificarne uno e poi risalgono agli altri due. A quel punto prelevano il Dna di tutti e tre. E quello del ventitreenne fa "match" con le tracce rimaste addosso alla vittima. Figlio di egiziani, non ha precedenti e svolge lavoretti saltuari. La sua reazione? Non una confessione ma solo "mezze ammissioni".

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