
Pasquale Tridico, ex presidente Inps
Milano, 28 gennaio 2025 – Uno dei paradossi, denunciati dagli operatori, è lo stipendio, per persone in prima linea anche nell’assistenza di chi chiede un sussidio pubblico. Salario “paragonabile” a quello di chi riceve il Supporto per la formazione e il lavoro, pensato per sostenere chi è in difficoltà economica o disoccupato.
L’80% dei lavoratori, infatti, è obbligato a un part time che, senza la possibilità di straordinari, si traduce in paghe di poco superiori ai 700 euro al mese.
La scelta e le conseguenze
Non c’è pace nella maxi-operazione che ha coinvolto gli operatori del contact center Inps, personale che risponde al telefono e offre assistenza a distanza ai cittadini per districarsi nella giungla delle pratiche. Tra loro un centinaio di milanesi, su un totale di circa tremila persone in Italia.
L’istituto previdenziale, andando controcorrente rispetto al sempre più spinto affidamento esterno di attività anche da parte di enti pubblici, all’epoca della presidenza di Pasquale Tridico aveva infatti deciso di riportare all’interno il servizio mettendolo in capo a una società controllata, Inps Servizi Spa. Sono stati così riassorbiti, con un iter travagliato, i lavoratori che prima dipendevano dalle società esterne a cui era stato affidato l’appalto.
I nodi irrisolti
All’apparenza un passo avanti verso l’uscita dal precariato, che però ha lasciato una serie di problemi irrisolti, a partire da quello del contratto e quindi degli stipendi dietro le quinte dell’ente previdenziale più grande d’Europa.
“Nonostante il ruolo fondamentale che svolgiamo per garantire servizi essenziali ai cittadini – è l’appello di un gruppo di lavoratori – viviamo quotidianamente condizioni lavorative difficili, caratterizzate da disparità contrattuali, salari inadeguati e una totale mancanza di valorizzazione professionale”.
Sono inquadrati, infatti, con un terzo livello del contratto collettivo Telecomunicazioni, lo stesso applicato generalmente agli operatori dei call center, “nonostante la complessità e la responsabilità delle mansioni che svolgiamo”. Chiedono quindi un inquadramento contrattuale adeguato. Una “disparità”, lamentano tra i dipendenti diretti di Inps e quelli della controllata Inps Servizi, con un conseguente clima di “frustrazione e demotivazione”.