Intesa Uber-6969, la fuga dei tassisti: "Noi non vogliamo lavorare per loro"

Centinaia di defezioni per l’accordo con la multinazionale "nemica" della categoria. La società: basta guerre

Una protesta dei tassisti contro Uber

Una protesta dei tassisti contro Uber

Milano - ​La reazione era ampiamente prevedibile: persino chi la sta fronteggiando l’aveva messa in conto. Di numeri ufficiali non ce ne sono, ma almeno un centinaio di tassisti (più del doppio, secondo altre fonti) ha deciso di abbandonare il radiotaxi 6969, che può contare in città su una flotta di circa 1.400 macchine. Il motivo? L’accordo tra It-taxi, il consorzio nazionale con 12mila macchine in più di 90 città (di cui fa parte pure la società di via Stilicone), e la multinazionale americana Uber, da sempre "nemico" numero uno delle auto bianche.

L’intesa, che a Milano entrerà in azione a breve (c’è chi vocifera dal primo luglio), prevede una partnership che integrerà per la prima volta le due realtà, con l’intermediazione dell’app Splyt. In sintesi: i clienti di entrambi i servizi confluiranno nella stessa piattaforma. Un vantaggio per tutti, l’idea di base: Uber, che finora aveva operato esclusivamente con noleggiatori con conducente (al netto della versione Pop messa fuorilegge dai tribunali), riuscirà finalmente a mettere un piede nel mondo delle auto bianche; It-taxi beneficerà di una nuova clientela, in particolare giovani e turisti stranieri, che ha già dimestichezza con l’azienda di San Francisco e che d’ora in poi vedrà comparire sul suo schermo anche i taxi.

Una rivoluzione, in due parole. Una rivoluzione indigesta, a quanto pare, per molti conducenti del 6969: le indiscrezioni parlano di alcune centinaia di loro che hanno comunicato in queste settimane l’intenzione di voler interrompere la collaborazione. "Non lavoriamo con Uber", la frase che ripetono come un mantra. E così è iniziata la migrazione verso i competitor. Dall’8585 confermano che "alcune centinaia" di tassisti si sono rivolti alla cooperativa per entrare a farvi parte.

"Li incontriamo a gruppi di trenta – fa sapere il presidente Alessandro Casotto –. Ci sono tempi tecnici per l’iscrizione e l’installazione dell’apparecchio di bordo, ma siamo in grado di accogliere tutti". Entrando nel merito, Casotto tiene a ribadire che il patto della discordia riguarda soltanto chi l’ha siglato e non, "come ha detto qualcuno, tutta la categoria: noi siamo contrari e siamo tra quelli che non si siederanno mai a parlare con loro".

Casotto parla anche da numero uno di InTaxi, l’app attiva a Milano, Roma, Como, Genova, Piacenza, Prato, Torino, Trento, Trieste e Udine, con una disponibilità di circa cinquemila veicoli: "Il malcontento dei tassisti sta emergendo anche in altre Regioni". Non è finita. C’è pure chi si è rivolto all’altro radiotaxi, il 4040: al momento hanno aderito in trenta; e altrettanti sono in attesa. E il 6969? Gegè Mazza, uno dei tre soci che lo gestiscono, ridimensiona la portata dell’esodo.

"Stiamo parlando di un centinaio di persone, l’avevamo messo in preventivo". E Uber? Mazza non fa passi indietro: "Basta farsi la guerra, è ora di trovare soluzioni: è vero, all’inizio non si sono presentati benissimo, ma le cose cambiano. E soprattutto – aggiunge – dobbiamo decidere se vogliamo guardare al futuro o se preferiamo che prima o poi il mercato ci mangi in un boccone". Del resto, sottolinea, "la contrarietà di molti è legata solo a quel nome, mentre in tanti usano Free Now ( applicazione nata ad Amburgo e ora attiva in un centinaio di metropoli europee, ndr ) senza che nessuno abbia qualcosa da ridire".

Per Claudio Severgnini, presidente del Tam, l’intesa è "il cavallo di Troia meglio congegnato negli ultimi anni: ciò che Uber voleva ottenere gli viene consegnato direttamente da chi doveva cercare di preservare il settore dal controllo delle multinazionali". E ancora: "Mettiamo in guardia tutti gli operatori e i colleghi in generale, nonché quelli operanti in It-taxi, dai risvolti nefasti che questo scellerato accordo potrà portare sul lungo periodo". "Io non dimentico – chiosa Silla Mattiazzi di Uiltrasporti – il modo in cui Uber si presentò: l’app Pop, che utilizzava autisti improvvisati per lavorare nel settore del trasporto pubblico non di linea".

 

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