Troppa tecnologia, sofferenza diffuse: "Diamo più tempo all’attività ludica"

La pedagogista Francesca Antonacci di Milano-Bicocca analizza l'isolamento crescente dei bambini legato all'uso eccessivo della tecnologia. I genitori devono monitorare il tempo di socialità dei figli. Il gioco sociale può contrastare l'isolamento, promuovendo la cooperazione e la competizione sana. Nelle scuole, il gioco è un importante strumento educativo.

Francesca Antonacci, pedagogista dell’università di Milano-Bicocca, si è spesso occupata nelle sue ricerche di pedagogia del gioco e innovazione scolastica.

Bimbi isolati, che si “ritirano“: perché i casi sono in crescita?

"C’è una sofferenza diffusa ed è evidente, anche nelle ricerche scientifiche. È dovuta anche a un uso molto intensivo della tecnologia e, in particolare, a una fruizione individuale da parte dei ragazzi".

Quali sono i campanelli d’allarme per le famiglie?

"Prima di tutto il tempo dedicato alla socialità, che i genitori possono quantificare. Capire quanto i bambini e i ragazzi stanno con gli altri, al di là dei contesti istituzionali e di apprendimento, è fondamentale: se il tempo è molto ridotto è un primo segnale d’allarme. I genitori percepiscono se un bambino non vuole andare a scuola, né fare attività o se mostra segnali di disagio e di sofferenza quando deve partecipare a contesti sociali".

I giochi possono essere uno strumento contro l’isolamento? Quali i benefici?

"Abbiamo studiato e messo in atto in questi anni diverse proposte, tra queste il gioco sociale e le attività ludiche. La cooperazione nel gioco stimola lo stare insieme, ci si diverte ma si impara anche ad approcciarsi alla competizione sana, che fa parte della vita e che non è necessariamente conflittuale: è l’attitudine a voler migliorare, a superare i propri limiti. E poi il gioco è una cornice definita: ha delle regole, si impara a stare insieme e a esprimere energie in un contesto protetto, codificato".

In che modo il gioco può aiutare anche a scuola?

"Nella fascia dei più piccoli, nei nidi e nell’infanzia, deve essere il primo linguaggio assoluto di comunicazione e di educazione. Nelle primarie è utile inserirlo anche nell’attività didattica. E, nei momenti più informali, l’insegnante può fare rilanci di attività di gioco, senza poi monopolizzarlo, ma lasciando ai ragazzi la gestione. Può avere un occhio pedagogico anche nei momenti di intervallo, notando esclusioni, fatiche e sofferenze e facendo proposte". Si.Ba.