
In strada a Milano per ricordare i 50 anni dalla bomba
Milano, 19 dicembre 2019 - Un museo diffuso sulla memoria. Una mappa della città con 47 luoghi dove negli anni di piombo avvennero attentati e uccisioni - da destra e da sinistra - ricordati non più solo con targhe appese ai muri o cippi nei giardini. Un circuito a tappe nella nostra storia recente, che ad ogni fermata offra la possibilità di ascoltare sul cellulare (grazie a un “totem” digitale) un breve racconto che spieghi anche ai più giovani cosa capitò qualche decennio fa in quei luoghi, chi fu a uccidere e chi a morire. È il progetto proposto al Comune di Milano da Giovanni Mocchi, dirigente aziendale e figlio di Vittorio, una della 17 vittime di Piazza Fontana: la più giovane (aveva 33 anni quando esplose la bomba) e l’ultima a morire, dopo 13 anni di dolori, sofferenze e continui ricoveri ospedalieri come conseguenza delle lesioni subite quel 12 dicembre ’69.L’idea del “museo diffuso” è stata elaborata da Mocchi insieme all’Associazione dei familiari delle vittime di piazza Fontana, all’Associazione italiana vittime del terrorismo (Aiviter) e alla Fondazione Perini dove il figlio Christian ha raccolto l’eredità del padre Antonio Iosa da poco scomparso, a suo tempo gambizzato dalle Brigate rosse, da sempre memoria vivente degli anni di piombo e custode di una gran mole di documenti d’epoca.«Ho due figli giovani - racconta Mocchi - e l’anno scorso volevo portarne uno a vedere un museo allestito su questi argomenti, ma non ci fu modo. Mi rispose “ma dai, mandami un video”. Pensai che se non interessava a lui che ha perso un nonno in quelle vicende, è difficile che possa attirare altri ragazzi".
Ecco l’idea di strumenti diversi. "Bisogna cristallizzare la memoria prima che sia troppo tardi, visto che gli anni passano. Piazza Fontana certo, ma non possiamo fermarci lì, dobbiamo ricordare anche tutto quello che è successo dopo in molti altri luoghi della città creando un museo a cielo aperto".
Palazzo Marino è sensibile? "Sembra molto interessato. Stanno digitalizzando i contenuti per caricarli nel geoportale della città, una mappa con i luoghi di palazzi e monumenti. È il primo passo".
Le informazioni dovranno essere accessibili facilmente. "Serviranno dei “totem” digitali piazzati nei diversi luoghi per rendere fruibili i contenuti grazie al semplice cellulare. Sarà il secondo passo".
Che altro ancora? "Sarebbe utile una sorta di introduzione sull’argomento curata dagli storici, un specie di “cappello” alle descrizioni dei diversi luoghi per facilitare la lettura complessiva del fenomeno".
Costi previsti? "Pensiamo che con 100mila euro si possa fare tutto. Servirà un finanziamento, degli sponsor. Per completare il progetto sarebbe bello offrire agli studenti anche un’esperienza “immersiva” che li aiuti a immaginarsi in quegli anni".
Lei quegli anni li ha vissuti da ragazzo. "Nell’esplosione di piazza Fontana mio padre rimase ferito gravemente alle gambe, ebbe forti difficoltà a muoversi, a camminare. Un’invalidità totale e un trauma psicologico che segnò in maniera importante la vita di tutta la famiglia. Avevamo un’importante azienda agricola, io e mio fratello poco più che bambini dovemmo darci da fare. Siamo cresciuti sui trattori".