Sparatoria in Comune a Cardano, ex agente: "Laura Prati malata, non l'ho uccisa io"

Pegoraro, condannato in primo grado all'ergastolo per omicidio volontario e tentato omicidio anche del vicesindaco, ha insistito con la tesi difensiva della derubricazione in omicidio preterintenzionale

Laura Prati dopo la sparatoria in Comune venne sottoposta a intervento

Laura Prati dopo la sparatoria in Comune venne sottoposta a intervento

Milano, 19 aprile 2016 - Nuova udienza del processo d'appello a Milano a carico dell'ex vicecomandante della Polizia locale Giuseppe Pegoraro che, la mattina del 2 luglio 2013, sparò al sindaco di Cardano al Campo (Varese) Laura Prati morta dopo venti giorni in ospedale. Pegoraro, condannato in primo grado all'ergastolo per omicidio volontario e tentato omicidio anche del vicesindaco, stamattina ha provato a difendesri: "Il sindaco non è stata uccisa da me, non è stata un'esecuzione, io ho mirato in basso, lei era affetta da una patologia di cui io non ero a conoscenza". Alzando anche la voce in pochi minuti di dichiarazioni spontanee,  ha insistito con la tesi difensiva della derubricazione in omicidio preterintenzionale. "Io non sono il Rambo descritto dai giornalisti - ha detto l'uomo - io ho soltanto ferito due persone, non ho mirato a organi vitali, sono un tiratore scelto e so mirare per uccidere, Prati non è stata uccisa da me". 

E ha poi raccontato lo "stato di disperazione" che "mi ha fatto compiere l'insano gesto". Pegoraro ha quindi detto di non volere offendere "i familiari di Prati, ma anche io devo esprimere ciò che è successo quella tragica mattina. Ciò che ho fatto - ha aggiunto - non ha giustificazione ma una spiegazione, è stata una reazione dettata da ossessione e solitudine, dopo 22 anni di servizio da integerrimo servitore della legge". E ancora: "Non fu una vendetta, ma volevo solo provocare un caso eclatante". E ciò perché, a suo dire, con la sospensione dal servizio per un anno dopo la condanna c'era stato "un attacco alla mia persona". Tutto "è crollato - ha detto - quando il 27 giugno 2013 ho ricevuto una busta paga di 484 euro". Per familiari di Prati, ha concluso, "ribadisco la mia offerta di messa in vendita del mio appartamento. Quel tragico giorno - ha ribadito - ero succube di uno stato di disperazione".

"Sentire dire da lui che non voleva uccidere è assurdo". Così Giuseppe Poliseno, marito di Laura Prati, ha commentato le dichiarazioni spontanee di oggi in aula a Milano di Giuseppe Pegoraro.  Intanto, i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano si sono ritirati in camera di consiglio e nel primo pomeriggio potrebbero uscire con la sentenza.  

Nella scorsa udienza il sostituto pg di Milano Daniela Meliota ha chiesto la conferma della condanna all'ergastolo per Pegoraro davanti ai giudici della Corte d'Assise d'Appello del capoluogo lombardo. L'ex vicecapo dei vigili urbani è stato condannato in primo grado per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, per il tentato omicidio di Costantino Iametti, vicesindaco di Cardano al Campo e anche per altri reati, ma il gup lo aveva assolto dall'accusa di tentato omicidio nei confronti dei due poliziotti intervenuti per bloccarlo. E il pg ha chiesto ai giudici (presidente Sergio Silocchi) di riformare su questo punto la sentenza e affermare "la responsabilità penale" anche per questi fatti. Pegoraro quella mattina avrebbe agito per rancore nei confronti dell'amministrazione comunale, dopo essere stato sospeso dal servizio in seguito ad una condanna per peculato. Dopo aver fatto irruzione nell'ufficio del sindaco sparò a Prati, anche presidente provinciale del Pd, ed al suo vice Iametti. Una volta compiuto il blitz gettò un fumogeno nella sede dello Spi-Cgil di Cardano al Campo, fuggì in auto e fu arrestato dalla polizia dopo un'altra sparatoria. Prati, colpita da un aneurisma durante un intervento all'ospedale di Circolo di Varese, morì il 23 luglio 2013. 

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