Silvia Romano: "Ero disperata e vivevo nell'incertezza del destino"

La volontaria milanese, rapita in Kenya e liberata dopo un anno e mezzo di prigionia, si racconta e parla anche della conversione all'islamismo

Silvia Romano nella sua casa a Milano (Ansa)

Silvia Romano nella sua casa a Milano (Ansa)

Milano, 6 giugno 2020 - "Ero disperata perché, nonostante alcune distrazioni come studiare l'arabo, vivevo nella paura dell'incertezza del mio destino". E' così che Silvia Romano, la volontaria milanese rapita in Kenya e liberata lo scorso maggio dopo un anno e mezzo di prigionia, ha raccontato per la prima volta in una intervista i mesi della prigionia e la sua conversione all'Islam al giornale online 'La Luce', di cui è direttore Davide Piccardo esponente della comunità islamica di Milano. "Ma più il tempo passava e più sentivo nel cuore che solo Lui poteva aiutarmi e mi stava mostrando come - ha aggiunto -. La fede ha diversi gradi e la mia si è sviluppata con il tempo. Sicuramente dopo aver accettato la fede islamica guardavo al mio destino con serenità nell'anima".

La giovane ha poi parlato della sua nuova vita milanese: "Quando vado in giro sento gli occhi della gente addosso, non so se mi riconoscono o se mi guardano semplicemente per il velo. Ma non mi dà particolarmente fastidio. Sento la mia anima libera e protetta da Dio. Per me il mio velo è un simbolo di libertà". "In metro o in autobus credo colpisca il fatto che sono italiana e vestita così - ha proseguito -. Sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore, perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima".

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