L’assessore regionale Galli verso la ricandidatura: sì ai soldi pubblici, ma spesi bene

Lombardia Film Commission? "Vogliamo rilanciarla e abbiamo un piano, ma va condiviso col Comune"

Stefano Bruno Galli

Stefano Bruno Galli

di Giulia Bonezzi

Stefano Bruno Galli, assessore all’Autonomia e cultura della Regione Lombardia, si ricandida alle elezioni di febbraio?

"Ci sto pensando. Anche per capitalizzare l’investimento di questi anni sull’autonomia e sulle politiche di valorizzazione dei beni culturali".

Filippo Del Corno, ex assessore milanese che cura la cultura nel programma del centrosinistra, in un’intervista al Giorno ha detto che sulla Lombardia Film Commission, a parte i problemi di gestione cristallizzati in sede giudiziaria, non si investe abbastanza.

"È un caro amico, ma dice mezze verità. E gli mancano alcuni tasselli: è stata una legislatura difficile, due anni su cinque in pandemia. Per la LFC c’è stata anche la magistratura, che ha chiuso la vicenda nella primavera 2022. Il piano di rilancio c’è, ma dev’essere condiviso con l’altro socio della Fondazione. Che è il Comune di Milano".

Cosa prevede il piano?

"L’allargamento del Cda, il coinvolgimento di altre realtà impegnate nell’audiovisivo, e la nomina di un direttore generale, da reintrodurre nello statuto; allo scopo è già stato accantonato un “tesoretto”. E arriveranno 14 milioni di euro dall’Ue sull’audiovisivo in Lombardia, appena possibile saranno messi a bando. La volontà di riorganizzare e rilanciare la LFC c’è, il progetto pure e dobbiamo solo trovare un accordo col Comune; la complessità casomai è nelle procedure di revisione della governance. Inoltre, malgrado le difficoltà, LFC non è rimasta inattiva: nel 2021 ha seguito 118 produzioni cinematografiche realizzate in Lombardia".

Secondo Del Corno la Lombardia non investe abbastanza in cultura.

"C’è una distinzione da fare: se parliamo del finanziamento alle fondazioni partecipate, che abbiamo garantito, c’è una questione che va affrontata: durante la pandemia hanno potuto sistemare i loro bilanci, perché non producevano spettacoli, i lavoratori in cassa integrazione erano coperti dal Fis, e i finanziamenti del Ministero, dei Comuni e della Regione sono rimasti invariati, anzi il Fus è aumentato. Io ho il coraggio di dirlo: le risorse non sono infinite, il tema della redditività dell’investimento pubblico in cultura va posto".

In che senso?

"Il Covid ha dimostrato che la cultura muore senza investimenti pubblici, sono un imperativo, ma devono poi essere gestiti con criteri di managerialità che spesso mancano. Ad esempio tagliando i super cachet e gli ingressi omaggio. E poi noi investiamo meno di altre Regioni ma la Lombardia ha qualcosa che nessun’altra ha: il 54% degli investimenti in cultura, più di metà, vengono dal privato. Quando sono diventato assessore erano il 34%. Ho incontrato imprenditori, associazioni, spiegato i vantaggi dell’Art Bonus e li abbiamo portati al 51% prima del Covid. Durante la pandemia gli investimenti privati sono aumentati ancora, da 187 a 213 milioni: una cosa straordinaria, che impone alle istituzioni culturali un cambio di passo verso un vero fund raising, e rende necessario il coinvolgimento di Regione nel flusso comunicativo dell’Art Bonus. Che dev’essere allargato anche alle realtà private: su 604 musei in Lombardia, solo 12 sono statali".

Se tornasse a fare l’assessore, cosa chiederebbe subito al Governo?

"La regionalizzazione del Fus (Fondo unico per lo spettacolo, ndr), scorporando il finanziamento delle 14 fondazioni lirico-sinfoniche che oggi ne assorbono più di metà. E la regionalizzazione di tutte le politiche di valorizzazione dei beni culturali".

L’operazione di cui va più fiero negli ultimi cinque anni?

"Aver realizzato il sogno di Gabriele D’Annunzio, la copertura in marmo rosso di Verona dell’anfiteatro “a lago”; e il Vittoriale nel 2022 ha avuto più di un quarto di milione di visitatori. L’attrattività spesso passa da un’intervento di ristrutturazione, di restauro, d’innovazione tecnologica: nel 2019 abbiamo fatto un bando per le start up di imprese culturali e creative, oggi il 42% di quelle italiane ha sede in Lombardia; con un altro bando ne abbiamo selezionate 18 che hanno “adottato” un museo. Questo ci ha consentito di diventare il primo sistema culturale in Italia in base al rapporto di Fondazione Symbola".

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