Arresto re delle start up: in Procura si allunga la fila. E le vittime ora parlano

Ci sono molte ore di filmati che racc ontano cosa succedeva nell’attico. Saranno sentiti il buttafuori e altre persone che rischiano il favoreggiamento

Alberto Genovese, 43 anni, ha venduto la “sua” start-up per 100 milioni di euro

Alberto Genovese, 43 anni, ha venduto la “sua” start-up per 100 milioni di euro

Milano, 12 novembre 2020 -  L’inchiesta che farà luce su quanto accadeva nel lussuosissimo attico del top manager Alberto Genovese, 43 anni, è appena iniziata. Le torture, perché di questo si tratta, commesse quella notte dell’orrore sono solo una parte di ciò che è finito sul tavolo degli investigatori della Procura. Le indagini promettono di aprire uno scenario gravissimo, anche dal punto dei reati commessi. Ci potrebbero essere gli estremi del favoreggiamento e addirittura del concorso se si dimostrasse che qualcuno sapeva, ha visto e non è intervenuto.

Gli investigatori della Mobile hanno molte ore di registrazione da visionare, i filmati delle telecamere interne alla camera da letto di Genovese hanno ripreso tutte le sequenza di uno stupro consumato con modalità sadiche. Le immagini racconteranno molto perché arrivano fino a maggio di quest’anno. Nelle prossime ore verrà sentito il buttafuori che aveva il compito di sorvegliare l’ingresso della camera da letto, non ha mai fatto passare nessuno, nemmeno le amiche delle giovane, che la cercavano sospettando che qualcosa di grave là dentro stesse succedendo. Intanto si sono aggiunte altre testimonianze e altre persone hanno bussato alla porta del procuratore aggiunto Letizia Mannella per raccontare di essere state vittime.

Rimettiamo in fila le sequenze della notte. Sabato sera, il 9 ottobre, Genovese organizza una festa in terrazza, terrazza Sentimento, così la conoscono gli ospiti. Arrivano alla festa anche le aspiranti modelle o meglio le hostess che lavorano per una agenzia di cui lui ha una buona quota. Bella gente, gente che conta, il mondo della finanza, la prima barriera per entrare è un bodyguard che raccoglie i cellulari. Nessuno può telefonare o scattare foto. Cocaina rosa da 4000 euro al grammo e fiumi di champagne. E non si sa se ci fosse più champagne o cocaina. Tutti tirano, la coca è sui vassoi neri. Anche le ragazze belle della festa sniffano.

Qualcuno del palazzo, quando si fa tardi, chiama la polizia e non è la prima volta che succede, perché quelle feste in terrazzo dai vicini di casa e dai condomini sono giudicate piuttosto moleste. Due gli esposti, l’ultimo due mesi fa da parte del console austriaco. Gli agenti arrivano, ma la festa è già finita, nessuno schiamazzo, luci spente. Nessuno in casa, solo il maggiordomo che apre la porta, ma tutti se ne sono già andati e così faranno anche gli agenti. È alle 21 del giorno dopo che la giovane riesce a fuggire scalza e nuda dall’attico, manda un messaggio di sos ad un amico e chiama i soccorsi. Tra le testimoni del caso Genovese spunta anche una 18enne amica della vittima, già coinvolta, anche lei come vittima, nel caso ribattezzato "Villa inferno" a Bologna, la villetta in cui si consumavano festini a base di sesso, alcol e droga. Lei avrebbe cercato notizie della 18enne non vedendola uscire dalla camera da letto, poi all’una di notte se ne è andata.

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