Apologia di fascismo: assolti capi di Lealtà Azione

Avevano fatto saluto romano durante cerimonia al Campo X

Cerimonia al Campo X per i soldati della repubblica di Salò morti in guerra

Cerimonia al Campo X per i soldati della repubblica di Salò morti in guerra

Milano, 1 maggio 2019 - Sono stati assolti «perché il fatto non sussiste» quattro dirigenti di Lealtà Azione, tra cui uno dei leader dell’associazione di estrema destra, Fausto Marchetti, accusati di «apologia del fascismo» per una manifestazione, il 25 aprile 2016, con saluti romani al campo X del cimitero Maggiore dove sono sepolti i caduti fascisti della Repubblica sociale. Lo ha deciso nel processo con rito abbreviato il Tribunale a seguito dell’inchiesta del pm Piero Basilone che aveva chiesto quattro condanne a 3 mesi. Le motivazioni della sentenza arriveranno tra 45 giorni. Il procedimento era nato da un esposto dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre, presieduto da Saverio Ferrari, e del legale Anna Miculan (l’Osservatorio non era stato ammesso come parte civile nel processo).

Quel 25 aprile di tre anni fa, aveva spiegato Ferrari, «ci fu un corteo di circa 300 persone che fece apologia del fascismo in quel campo dove non sono solo sepolti ragazzi caduti dalla parte sbagliata, ma anche gerarchi di Salò». Sempre da un esposto dell’Osservatorio era scaturito un altro processo che nei mesi scorsi si è concluso con altre assoluzioni per tre esponenti di estrema destra accusati di avere urlato il motto nazista «Sieg Heil» ed esposto uno stendardo della «associazione combattenti 29esima divisione granatieri Waffen-SS» sempre durante una cerimonia commemorativa dei caduti della Repubblica sociale, che si svolge ogni anno al campo X.

Si è trattato di una «manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita», che non ha attentato alla «tenuta dell’ordine democratico», aveva scritto il giudice nelle motivazioni, spiegando che quei simboli erano stati esposti «all’interno di un contesto commemorativo» e «come tali, pertanto, privi di quella offensività concreta vietata dalla legge». Motivazioni simili a quelle che in diversi altri processi hanno portato ad assoluzioni e proscioglimenti, anche sulla base di giurisprudenza della Cassazione. Di recente, tuttavia, il giudice Luigi Varanelli a Milano ha inflitto una condanna per saluti romani parlando di una «manifestazione» non commemorativa «nel senso minimalista, ma rievocativa».

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