CLAUDIO
Cronaca

Roncobillaccio o il transito di libertà gitana

Claudio

Negri

Roncobillaccio. Come l’erba voglio. Almeno per me: l’area di sosta a scavalco dell’Appennino tosco-emiliano non cresce più nel mio giardino mobile, nemmeno per miracolo prospettico. Come la Corsica dalla Riviera ligure. O come un tavolo a Manhattan visto dal Portogallo. Ora che la vita mi ha circoscritto a chilometro zero, quel luogo mi sembra il compendio di tutti i transiti e di tutte le soste, piazzola in quota per il fiatone dei Tir e il transito delle nuvole, in mutevole drappeggio tra il verde piano e i contrafforti etruschi. Quante volte mi sono fermato lì, scollinando poi in Toscana per l’allora unico valico dell’Autosole. E a ogni tardo autunno, andando giù a Montepulciano per festosa ricorrenza, non mi è mai mancato qualche fiocco di neve. Di sghimbescio, alla ventura. Salendo al all’ammezzato vitreo del self service dell’autogrill il rito stava tutto in un piatto di prosciutto di Praga caldo, con puré e un cucchiaio d’intingolo bruno. Mi rendo conto, sto facendo del lirismo d’accatto con un vecchio menù autostradale. Ma in quei transiti antichi c’era – pura, mattinale e portentosa – la llbertà gitana di andare dove e quando a uno garbasse, libertà anche ipotetica e struggente, nel reliquiario dei viaggi mai intrapresi. Perché in questa pìcciola vigilia che è del rimanente stradario, ci è più che mai cara la libertà perduta di muoverci nell’universo col nostro sacchetto di fiocchi di neve da presepe, il prosciutto di Praga, il puré, l’intingolo bruno. Sull’Appennino come all’autogrill speziato del Taj Mahal. Ma a Roncobilaccio le lusinghe erano anche altre: l’odore quasi dolce degli pneumatici delle corriere ancora calde di viaggio. O l’afrore di piscio di qualche animale sortito dai boschi a marcare il suo regno e le corsie d’emergenza. O tanti chilometri più in giù, l’aroma di Natale del mio cortile lombardo natìo, colto incongruo - dunque più presente e vivo - tra i mattoni di vecchie stanze nel terso freddo dell’alba di Montepulciano. I luoghi lontani, se restano lontani, tendono a decantarsi in miraggi.