ANDREA GIANNI
Cronaca

Quota 100, esodo in sordina: 8.646 in pensione

Niente fuga e numeri sotto le attese. Boom di domande nella scuola

milanese davanti agli sportelli Inps per la pensione

Milano, 4 ottobre 2019 - Non una fuga del posto di lavoro, ma piuttosto un’uscita ordinata. Numeri inferiori rispetto alle aspettative, e il timore di un collasso degli uffici pubblici che non ha trovato finora riscontri. Emerga da un primo bilancio sulle pensioni con quota 100, una delle misure bandiera del Governo Lega-M5s che anche per la nuova maggioranza «non va toccata» nella sostanza, ma si potrebbe rivedere. E proprio nel timore di ritocchi o revisioni dei parametri, nelle ultime settimane si è registrato un flusso in aumento nei patronati gestiti dai sindacati. «Chi finora ha esitato ad andare in pensione con quota 100 pur avendo i requisiti si è presentato per chiedere informazioni, nel timore di perdere la possibilità», spiega Remo Guerrini, direttore dei patronati Cisl-Inas Lombardia. Solo nella Città metropolitana di Milano, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Inps, aggiornati al 30 settembre, sono state presentate 8.646 domande. Più di Napoli, dove le domande sono state 7.867, ma molto meno di Roma, in testa tra le aree metropolitane italiane con 14.778 domande. E il 31% arriva da parte di dipendenti pubblici, con problemi di scoperture di organici in settori come scuola e sanità. Solo analizzando le domande elaborate dai patronati Cisl su Milano e hinterland, emerge uno spaccato della corsa verso la pensione. Su 1248 istanze, 984 arrivano dal settore privato e 264 dal pubblico. Nel pubblico le donne sono 142 e gli uomini 122, mentre nel privato i maschi sono la stragrande maggioranza: 828 rispetto a solo 156 lavoratrici. «Una differenza che è dovuta principalmente alla scuola pubblica - prosegue Guerrini - dove gli insegnanti sono principalmente donne». Ed è stato proprio nel settore della scuola che si è registrato un boom di uscite, con in parallelo una corsa per coprire i “buchi” negli organici. Nella Città metropolitana in 1.300 tra docenti e personale scolastico sono andati a riposo con quota 100, mentre altri 1.200 sono usciti con il percorso stabilito dalla legge Fornero. In tutto, quindi, 2.500 lavoratori in meno. Tra i milanesi che hanno scelto la pensione con la cosiddetta quota 100 tra pubblico e privato, circa uno su otto è un dipendente del settore scuola. Una consistente fetta della torta è costituita anche dal settore della sanità. Nel settore privato, quota 100 è stata anche sfruttata come ponte verso la pensione di vecchiaia da disoccupati finiti in un “limbo”, che dopo aver perso il lavoro hanno esaurito gli ammortizzatori sociali e si sono trovati a dover attendere la pensione, senza un introito mensile. Ma i numeri sono stati comunque sotto le aspettative. Rispetto alle previsioni di 300mila domande in Italia, no sono state presentate 184.890. «Un fenomeno  dovuto al fatto che quota 100 non permette di svolgere altri lavori dopo la pensione - sottolinea Guerrini - proprio perché è stata pensata per favorire l’assunzione di giovani e il ricambio generazionale. Ci sono state anche valutazioni sull’opportunità di andare in pensione con un assegno inferiore, e in tanti hanno preferito attendere. Un calcolo puramente economico». Tra le province lombarde al primo posto per numero di domande c’è Milano, seguita da Bergamo (2.786) e Brescia (2.649). Poi Varese (1.911), Monza-Brianza (1.624), Pavia (1.500), Como (1.434), Mantova (1.025), Cremona (834) e Lecco (760). Fanalino di coda Lodi e Sondrio, rispettivamente con 533 e 367 domande. «L’esodo è stato limitato - spiega Emilio Didonè, segretario generale dei pensionati Fnp Cisl Lombardia - i problemi di organici nel settore pubblico sono dovuti piuttosto agli impedimenti ad assumere stabiliti dalle leggi precedenti, dal blocco del turnover. Secondo noi quota 100 deve rimanere ma non basta, perché bisogna completare le riforme».