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Piazza Affari, dove un tempo c’erano caos e oltre 200 agenti di cambio regnano silenzio e pc

Aveva qualcosa di dantesco nel nome, la «sala delle grida» dove ogni giorno risuonavano contrattazioni, scambi e rilanci, arrivavano centinaia di colletti bianchi, venivano sventolate migliaia di azioni cartacee. Poi, la rivoluzione. All’apice della “Milano da bere”, Palazzo Mezzanotte nel 1987 venne chiuso per un consistente intervento di restauro di Luca Salvi

Piazza Affari

Milano, 28 marzo 2015 - Aveva qualcosa di dantesco nel nome, la «sala delle grida» dove ogni giorno risuonavano contrattazioni, scambi e rilanci, arrivavano centinaia di colletti bianchi, venivano sventolate migliaia di azioni cartacee. Poi, la rivoluzione. All’apice della “Milano da bere”, Palazzo Mezzanotte nel 1987 venne chiuso per un consistente intervento di restauro. In mezzo a piazza degli Affari sorse il «gabbiotto», un prefabbricato per ospitare le riunioni della Borsa. Quando riaprì, la Borsa Valori di Milano era avviata sulla via telematica. Oggi piazza Affari è legata al destino della Borsa londinese, con gli sceicchi di Dubai impegnati a vendere in blocco il 17,4% del capitale di London Stock Exchange, che controlla Palazzo Mezzanotte. Ma quel processo telematico che ha portato la nostra Borsa Valori oltre Manica è iniziato trent’anni fa. «Un cambiamento radicale – spiega Gianfranco Forte, docente di Economia degli intermediari finanziari all’Università Bicocca –. Da inizio anni ’90 gli agenti di cambio sono stati sostituiti da società di intermediazione immobiliare, le sim. Poi sono arrivate nuove figure di intermediari e le società di gestione del risparmi. Oggi si passa dalle banche».

Addio contrattazioni al cardiopalma e addio titoli cartacei, oggi depositati presso Monte Titoli e immessi sul mercato telematicamente. «In piazza Affari nel ’91 operavano 210 agenti di cambio, oggi all’albo ne sono registrati 19, legati a sim o banche». Una volta si usava il telefono. Tutto, o quasi, avveniva nella sala delle grida. «Le operazioni erano meno veloci – continua Forte – e un investitore privato poteva vedere a fine mese i risultati delle operazioni. Ora un “trader” può vedersi accreditare una vendita di azioni subito». Ma possono esserci controindicazioni. «Si sta affermando l’high frequency trading: operatori intervengono sui mercati servendosi di software sofisticati. Per transazioni sempre più veloci, basate sull’oscillazione del valore. Ma se qualcuno di questi sistemi prende la tangente, gli ordini potrebbero impazzire, con titoli che crollano e risalgono in pochi secondi. In Europa mancano sistemi di vigilanza adeguati». Per Giulio Sapelli, docente di Storia economica alla Statale, alla Borsa di Milano «non c’è più quel rapporto fiduciario tra investitore e intermediari. Tutto si è fatto più impersonale. E la rapidità con la quale trader dalla laurea scadente spostano milioni aumenta i rischi per i risparmiatori e i guadagni per gli speculatori. La fine i piazza Affari e la fusione con Londra ha significato la rinuncia a un ruolo importante in Europa».