"Per ogni euro agli over65 darne uno agli under30"

Galasso (Bocconi): serve equità intergenerazionale, capitale umano a rischio

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"Per proteggere i giovani e il futuro del nostro Paese dovremmo dotarci di una regola di equità intergenerazionale. Per ogni euro speso in programmi diretti agli ultra-65enni, un euro dovrebbe essere speso per chi ha meno di 30 anni". Una proposta che Vincenzo Galasso, professore ordinario di Economia all’università Bocconi, ha lanciato più volte per restituire un futuro a una "gioventù smarrita" e a una "generazione incolpevole" come l’ha definita in un suo volume recente. "Il fisco ha molto a che fare con la questione dell’equità intergenerazionale. Destinare per Quota 100 23 miliardi di spesa per mandare in pensione quasi 400mila persone, con età compresa fra i 62 e 65 anni, è stata una misura non necessaria. La nuova proposta di Quota 41 va purtroppo nella stessa direzione, con un costo di 65 miliardi di euro, facendo riferimento alle stime Inps sull’orizzonte decennale, che dovranno essere finanziati in qualche maniera. Purtroppo la spesa ricadrà ancora una volta sulle spalle dei giovani, attraverso un aumento del debito o del cuneo fiscale" rimarca il professore della Bocconi. Si accelera intanto la fuga di cervelli, anche da Milano, che si traduce in una perdita secca per il nostro Paese. "Il paradosso è tutto italiano. C’è una collettività che si fa carico dei costi per pagare la formazione dei ragazzi fino al livello universitario essendo il sistema pubblico. Di questo capitale umano però a beneficiarne sono i Paesi all’estero che riescono ad attrarre giovani lavoratori dotati di un’istruzione elevata in virtù di salari più elevati. Se parliamo di Milano dobbiamo considerare che c’è un flusso legato all’internazionalizzazione dell’istruzione. Un fenomeno comunque elitario, legato alla capacità delle famiglie di mantenere un figlio mentre studia in Inghilterra o in Olanda. Più rilevante è l’esportazione di molti laureati verso Gran Bretagna, Svizzera, Germania, Spagna. All’interesse a fare un’esperienza internazionale in una logica di crescita personale si unisce per il lavoratore il vantaggio di essere pagato di più, anche a livello iniziale. A Milano infatti il costo della vita è paragonabile a quello di altre città europee ma spesso gli stipendi non lo sono. La conseguenza è che i giovani, soprattutto i più bravi, inseguono la loro carriera all’estero". Secondo il professore "i salari sono legati alla crescita economica quindi se il nostro Paese cresce poco e la produttività è bassa ci sono pochi margini perché siano le aziende ad alzarli". Piuttosto bisognerebbe agire sulla leva del cuneo fiscale. "Il 38% dei contributi fiscali su redditi da lavoro va a finanziare le pensioni: un’enormità. Negli altri Paesi europei la percentuale oscilla fra il 15% e il 25%". A.L.

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