"Paolo voleva passarvi il testimone"

Salvatore Borsellino ha raccontato agli studenti la storia di suo fratello: è diventato un eroe solo da morto

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di Davide Falco

Studenti e non solo, affascinati dalle parole di Salvatore Borsellino. Il fratello minore del magistrato Paolo, ucciso in un attentato il 19 luglio del 1992, ha presenziato a un incontro in Villa Venino. "Paolo e la sua scorta sono considerati eroi, ma quando erano in vita hanno sempre trovato ostacoli nello svolgere il loro lavoro". Inizia così la mattinata dedicata alla storia di Paolo Borsellino, raccontata dal fratello davanti a un centinaio di studenti delle scuole medie novatesi Vergani e Rodari. Un incontro organizzato dal Comune con la Consulta impegno civile e con la Commissione antimafia, anticorruzione e promozione della legalità.

"L’importante è trasmettere ai ragazzi la memoria, che non è soltanto il ricordo ma qualcosa di diverso, significa combattere. Si dice che i giovani siano il futuro, ma per me sono anche il presente. Paolo prima di morire aveva giusto scritto una lettera dedicata ai giovani, come se avesse concluso la sua frazione di una staffetta e avesse passato il testimone, convinto che l’avrebbero portato fino al traguardo. L’informazione è cruciale, conoscere il nostro passato in modo da poter condizionare il presente. Purtroppo questo sembra non avvenire, in Italia sembra che la memoria storica non esista o sia molto scarsa", spiega Salvatore Borsellino. Durante il suo discorso ha ricordato più volte i nomi degli agenti della scorta del fratello, uccisi in quell’attentato, insieme a Paolo, mentre andava a trovare la loro madre. Un destino purtroppo previsto dal magistrato, che in più occasioni aveva sottolineato la propria consapevolezza del fatto che prima o poi l’avrebbero ucciso. Parole forti, di chi ha deciso di rimanere in una Palermo in cui era stato vittima di un attentato il fraterno amico Giovanni Falcone.

Salvatore Borsellino ha poi ricordato la strana telefonata ricevuta dal fratello alle 7 del mattino dal suo capo. Strana per i contenuti, per l’orario e per avere ricevuto, dopo 57 giorni, l’autorizzazione a lavorare sul caso della morte di Falcone. "Forse è lì che è iniziato tutto – continua a spiegare Salvatore –: quel 19 luglio non ha segnato la fine, ma l’inizio di una lotta alla mafia, alla ’ndrangheta, a cosa nostra, che continua ancora oggi, dopo 30 anni".

"È stato un momento struggente, emozionante, riflessivo, incredibile, per la partecipazione dei ragazzi, e il loro silenzio assordante. Credo che in poche ore, a contatto con Borsellino, abbiamo imparato molto di più che se avessero letto un intero libro di storia. Si sono percepite con grande intensità la sofferenza che ha coinvolto quella famiglia e la grande lotta per la giustizia", spiega la sindaca Daniela Maldini.

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