REDAZIONE MILANO

Ora Pifferi vuole una foto della piccola Diana

Ieri la donna è rimasta in silenzio davanti al giudice che ha affidato una perizia sull’appartamento della tragedia

L’ha lasciata morire di stenti, ora però vorrebbe una sua foto da tenere in cella. Intanto i rilievi scientifici saranno anche nell’appartamento dove è morta la piccola Diana, sul suo pannolino, sul cuscino e sul materasso del suo lettino di fortuna.

Il gip Fabrizio Filice ha accolto l’istanza della difesa di ampliare il quesito della perizia disposta con la formula dell’incidente probatorio nell’ambito dell’indagine in cui Alessia Pifferi, la 37enne arrestata a luglio è accusata per omicidio volontario aggravato per aver abbandonato per sei giorni in casa la figlia di un anno e mezzo, poi morta di stenti.

Ieri davanti al giudice, al settimo piano del Palazzo di Giustizia, per la seconda volta è comparsa la donna, che davanti alle telecamere non ha proferito parola mentre in aula ha pregato i suoi difensori di farle avere una foto della figlioletta da tenere con sé in cella a San Vittore. In udienza è stato conferito l’incarico ai periti, tra cui Giorgio Portera, il genetista che si è occupato tra l’altro del caso di Yara Gambirasio. Gli avvocati Solange Marchignoli e Luca D’Auria, legali di Pifferi, hanno invece allargato il collegio dei loro consulenti con la nomina dell’ex capo del Ris di Parma, il generale Luciano Garofano. Il giudice ha dato 90 giorni di termine per il deposito della perizia e ha riconvocato le parti per il prossimo 30 gennaio.

"L’incidente probatorio comincerà settimana prossima con un primo incontro tra gli esperti - ha spiegato l’avvocato Marchignoli - mentre bisogna decidere la data dell’ingresso nell’appartamento per l’accesso ai luoghi da noi chiesto. Il gip ha anche accolto la nostra istanza di allargare il quesito peritale agli oggetti trovati vicino al letto di Diana, in particolare il pannolino, e al materassino e al cuscino".

L’avvocato ha inoltre riferito che la sua assistita ieri "mi ha chiesto una foto della bambina da tenere in carcere. È in difficoltà perché nella sua mente si sta schiarendo la storia. Sta cominciando ad elaborare. Comunque - ha concluso rispondendo a una domanda precisa - in qualche modo vedrà i nostri consulenti per gli esami neuroscientifici".

Finora già due volte, infatti, il gip Filice ha respinto l’istanza degli avvocati che chiedevano di poter far entrare in carcere uno dei docenti da loro scelti per redigere una consulenza neuroscientifica. Il giudice ha però deciso che la difesa non potrà introdurre nel procedimento senza il contradditorio tra le parti una consulenza basata su analisi neuroscientifiche. Consulenza che, a detta della stessa difesa, non riguarderebbe valutazioni sulla capacità di intendere e di volere della donna al momento del fatto, ma punterebbe a sondare il cosiddetto “elemento soggettivo del reato“, ossia il tipo di dolo o eventualmente di colpa (ipotesi meno grave) nei comportamenti avuti.