Milano – L’omicidio non ha colpevoli, per adesso. Chi ha ucciso Vittorio Boiocchi? La risposta non c’è ancora, ma una cosa è certa: sono stati Andrea Beretta e Antonio Bellocco a trarre i maggiori vantaggi dalla scomparsa dello “Zio”.
Il primo, relegato dal capo curva a gestire solo le attività di merchandising, ha ripreso il controllo sull’indotto nero di San Siro, spingendo il semisconosciuto Marco Ferdico al comando del secondo anello verde. Il secondo, appena arrivato a Milano in libertà vigilata e con palesi mire sugli affari sporchi del Meazza, ha avuto campo libero per imporre la legge del clan. Nella richiesta di misura cautelare avanzata dai pm Sara Ombra e Paolo Storari, si parla ovviamente del delitto Boiocchi, freddato da due sicari in motocicletta sotto casa in via Fratelli Zanzottera la sera del 29 ottobre 2022. Negli atti, citati integralmente nell’ordinanza firmata dal gip Domenico Santoro, si spiega che i killer sono sbucati da via Anghileri: il passeggero della Kawasaki Ninja di colore nero è sceso dalla moto e si è incamminato verso i portici, per poi tornare indietro; quindi, ha cambiato nuovamente direzione e ha puntato dritto verso lo “Zio”, che, stando al racconto di un testimone, è andato incontro all’assassino urlando “Non farlo, non farlo”. I due uomini misteriosi avevano i volti coperti da caschi integrali e indossavano abiti scuri e giubbotti con strisce blu sulle braccia.
Le tute bianche della Scientifica hanno repertato cinque bossoli calibro 9x19 mm Luger di produzione ceca marca Tpz e tre ogive tipo Fmj calibro 9; l’autopsia ha confermato che Boiocchi è stato colpito da due proiettili su cinque. Le carte dell’inchiesta sullo “Zio” raccontano quella che i pm segnalano come un’anomalia: “Berro”, il suo braccio destro, sparì nel nulla dopo l’omicidio. Più volte, gli investigatori provarono a contattarlo, ma l’utenza telefonica risultava sempre non attiva; alla fine, lo trovarono due giorni dopo alla Birreria vecchia Pioltello e lo invitarono a presentarsi in Questura. Lì, stando a quanto risulta, Beretta ha raccontato dei lauti introiti garantiti dal giro d’affari occulto al Meazza (tra il 2019 e il 2021 passò a Boiocchi 85mila euro in contanti), ma ha aggiunto che nell’estate del 2022 erano nati i primi contrasti con il capo per la spartizione dei guadagni: lo “Zio” sospettava che Beretta tenesse per sé una quota superiore al pattuito. Il chiarimento portò a una divisione di ruoli, poco vantaggiosa per il “Berro” a dir la verità: a lui solo il merchandising, all’altro tutto il resto. “In realtà – riflettono gli inquirenti – i dissapori e contrasti tra Beretta e Boiocchi erano tutt’altro che risolti e l’occupazione esclusiva del merchandising non fu altro che una modalità, imposta da Boiocchi, per tenere lo stesso Beretta fuori dalle dinamiche e dagli interessi connessi alla tifoseria organizzata”. Sta di fatto, aggiungono i magistrati, “che, nell’immediatezza dell’omicidio, Beretta avrebbe distrutto il suo telefono cellulare, mettendolo all’interno di un forno a microonde, attribuendo il suo gesto asseritamente a una reazione di paura”.
Nei giorni immediatamente successivi, il 2 novembre, si mostrò titubante con la ex moglie “sulla possibilità di continuare a gestire la Curva Nord”, pur consapevole che un eventuale passo indietro sarebbe stato percepito dagli altri gruppi ultrà “come un segno di debolezza”.
Il giorno dopo, altra stranezza: un viaggio a Pietrelcina, Comune beneventano che ha dato i natali a Padre Pio, di andata e ritorno in poche ore. Una notte in albergo e poi subito via a Milano. “In buona sostanza – chiosano i pm –, il “vicario” di Boiocchi e suo legittimo erede, nelle immediatezze del fatto di sangue, tenne un atteggiamento di irreperibilità”.