NICOLA PALMA; MARIANNA VAZZANA
Cronaca

"Non sai che qui comandiamo noi" Così la 20061 seminava il terrore

Blitz dei carabinieri: tre minorenni indagati per una serie di rapine e pestaggi, due finiscono in cella. Il caso dell’uomo picchiato in centro a Carugate e le scuse del padre dell’aggressore: "È ingestibile"

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di Nicola Palma e Marianna Vazzana

"Una certa disinvoltura e abitualità nel realizzare condotte predatorie, accerchiando la vittima e ricorrendo immediatamente all’utilizzo della violenza". "Una particolare insensibilità nei confronti delle regole della civile convivenza e una totale refrattarietà al rispetto della legalità e delle forze dell’ordine chiamate a verificarne l’osservanza da parte di tutti i consociati". Un mix esplosivo, "indice di un’elevata pericolosità sociale" sublimata "dall’agire in gruppo" per "ingenerare nelle vittime paura, smarrimento e sgomento". Così il giudice del Tribunale per i minorenni Marina Zelante ha delineato i tratti distintivi della baby gang che per due mesi ha terrorizzato Carugate. Tre dei presunti membri del gruppo di adolescenti che avrebbe colpito per 9 volte lo scorso autunno si sono visti notificare ieri all’alba l’ordinanza di custodia cautelare emessa a valle dell’indagine dei carabinieri della Compagnia di Pioltello: in cella sono finiti un sedicenne e un diciassettenne, tra cui il figlio di un noto capo ultrà della Curva Nord di fede nerazzurra, mentre un altro sedicenne è stato sottoposto alla misura restrittiva della permanenza in casa (con divieto di utilizzare cellulare e computer per contattare persone estranee al suo nucleo familiare).

L’inchiesta dei militari, coordinati dal capitano Francesco Berloni, ha messo in fila una lunga serie di episodi inquietanti, tutti contraddistinti da violenza gratuita e raid senza un perché. Come dire: i baby bulli della 20061 – il cap del Comune di residenza come codice identificativo – non avevano un bersaglio definito, ma potevano colpire chiunque capitasse loro a tiro. Torniamo, ad esempio, alla sera del 13 dicembre scorso. Stefano (nome di fantasia) sta passeggiando sotto il porticato di piazza Manzoni: "Ciao compà", gli dice amichevolmente un ragazzo che conosce. Finita lì? No, perché dopo pochi secondi si ritrova a terra, tramortito da una raffica di calci e pugni; gli aggressori lo derubano del cellulare e della macchina, che verrà ritrovata qualche centinaio di metri più avanti. Un passante contatta il padre di uno del gruppo e gli dice che il figlio ha appena pestato Stefano, poi portato in ospedale per la frattura delle osse nasali e varie tumefazioni al volto. Il giorno dopo, l’uomo, mortificato per il comportamento del figlio, chiama la moglie del ferito per scusarsi, spiegando che il sedicenne, appena uscito da una comunità, è ingestibile perché assume abitualmente alcol e droga. "Allora c’entra qualcosa?", gli domanda la donna. "Sì, c’entra", replica lui. Una versione confermata dalle immagini registrate alle 21.59 da una telecamera di sorveglianza. Peraltro, pure il genitore, due settimane prima, era stato vittima di un’aggressione da parte del ragazzo, e solo l’intervento di due carabinieri aveva evitato che le contusioni andassero al di là di una botta all’orecchio sinistro guaribile in sette giorni.

Insomma, la banda non si fermava davanti a nulla. E prova ne è, stando a quanto ricostruito dagli investigatori dell’Arma, il blitz gratuito sull’autobus Sp-208 contro un brigadiere libero dal servizio: in quell’occasione, era bastato che il finanziere, dopo essersi regolarmente qualificato mostrando il tesserino, chiedesse ai ragazzi di indossare la mascherina a bordo e di togliere i piedi dai sedili per scatenare la reazione veemente dei bulli; era così partita una scarica di cazzotti all’uomo a terra nel corridoio, con tanto di insulti tipo "Seguici se hai il coraggio, ti faccio vedere come si picchia una m." e "Vieni fuori dal pullman che ti massacriamo". Stesso trattamento riservato a una guardia giurata, che la notte del 14 novembre si è offerto di dare una mano a una pattuglia dei carabinieri alla ricerca di una comitiva di minorenni che stava danneggiando le macchine in sosta. All’improvviso, il vigilante si è ritrovato l’auto circondata e lo specchietto retrovisore in frantumi: "Adesso ti facciamo il c.", "Ti buchiamo come un maiale", "Non fai paura, mezzo sbirro".

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