Noi, costretti ad assumere 30 “addetti alla distanza“

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Prima dell’epidemia la scena sarebbe stata impossibile anche solo da immaginare: un buttafuori che grida in quella "bolgia" che è la pista da ballo per mantenere il distanziamento sociale. Eppure è quello che è successo questo weekend all’Apollo Club di via Borsi e in tutti gli altri locali alle prese con i numerosi criteri che regolano la riapertura. "Abbiamo dovuto raddoppiare lo staff che conta oggi 30 persone solo per far rispettare il protocollo. I nostri addetti alla sicurezza sono diventati addetti alla sorveglianza" afferma senza nascondere la polemica Giuseppe Gissi, titolare della discoteca (anche cocktail bar) di via Borsi, nato quattro anni fa sulle ceneri Puerto Alegre che ha gestito per 16 anni, nonché dirigente di Epam. Venerdì l’Apollo ha riaperto le danze con la sua serata di punta "Rollover", seguita il giorno dopo da "Nice Club".

Come è andata?

"Abbiamo riempito il locale rispettando la capienza al 50%, con circa 250 persone. Siamo felicissimi di essere ripartiti ma non c’è stato però lo sperato assalto: qualcuno non si è presentato".

Si è dato una spiegazione?

"Ci sono troppi adempimenti che rischiano di rendere l’esperienza nelle discoteche non troppo confortevole. In pista bisogna mantenere la distanza interpersonale di almeno 2 metri: non è piacevole sentirsi toccare le spalle da un addetto che ti ricorda di rispettarla. E non è semplice assimilare il concetto che la mascherina bisogna indossarla sempre tranne quando si balla o si consuma".

Avete ricevuto adeguati ristori?

"Sono stati gravemente insufficienti e nulla ci è arrivato come risarcimento per l’ultima chiusura. Personalmente ho dovuto fare un prestito in banca di 100mila euro per salvare il locale e anticipare lo stipendio ai miei 18 dipendenti in attesa della cassa integrazione. Ma non a tutti le banche concedono il finanziamento, soprattutto quando sentono parlare di discoteche: conosco colleghi che sono arrivati persino a ipotecare la casa. Un altro problema riguarda il personale: dopo quasi due anni di chiusure molti nostri collaboratori, preparati e formati dopo anni di attività, hanno cambiato lavoro. Non li posso biasimare".A.L

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