GIULIA BONEZZI
Cronaca

Neurostimolazione per tornare a camminare: "Basta trionfalismi sulla pelle delle persone con disabilità”

La lettera aperta di Vincenzo Falabella (Faip) dopo le notizie sulla neurostimolazione epidurale: “Sì alla ricerca, ma i tempi della medicina sono ben diversi da quelli della cronaca e si rischia di alimentare la sindrome della speranza tradita”

Sport-terapia nella palestra dell’Unità spinale dell’ospedale Niguarda

Sport-terapia nella palestra dell’Unità spinale dell’ospedale Niguarda

Milano – “La speranza delle persone con lesione midollare e in generale con disabilità non può stare nell’annuncio “miracoloso” di turno”, ha scritto Vincenzo Falabella, presidente della Faip (Federazione delle associazioni italiane di persone con lesione al midollo spinale) sulla rivista Superando.it, all’indomani della notizia dell’”incredibile recupero” di un 33enne con paralisi degli arti inferiori da lesione midollare incompleta ma “estesa al cono midollare“, che dopo l’impianto di un neurostimolatore elettrico midollare è riuscito a camminare (con supporti) per brevi distanze.

Un caso clinico che i medici del San Raffaele e i bioingegneri della Sant’Anna di Pisa hanno descritto sulla rivista scientifica Med-Cell Press, ma la cui comunicazione attraverso la stampa, tra “titoli trionfalistici come “Addio alla sedia a rotelle” o “La paralisi è sconfitta”, rischia di creare aspettative irrealistiche” destinate a frantumarsi “quando si scopre che i tempi della medicina sono ben diversi da quelli della cronaca”; alimentando così “la sindrome della speranza tradita che tante persone con disabilità hanno sperimentato sulla propria pelle”, osserva Falabella, che da 24 anni è in carrozzina per una lesione midollare.

“La tecnica al centro del dibattito, una combinazione di stimolazione elettrica e riabilitazione intensiva”, chiarisce il presidente della Faip, “rappresenta senza dubbio un passo avanti nella comprensione dei meccanismi di recupero neurologico e i risultati pubblicati, frutto del lavoro di team di ricerca seri e competenti, meritano attenzione e approfondimento. Eppure, la distanza tra un protocollo sperimentale e una terapia accessibile a tutti rimane enorme”.

Perciò “chiediamo che se ne parli con il necessario rigore. Quando trasformiamo ipotesi di ricerca in certezze mediatiche facciamo un torto sia alla scienza che alle persone che attendono risposte concrete. E la storia recente”, ricorda, “offre numerosi esempi: dagli esoscheletri, presentati anni fa come soluzione imminente e oggi ancora confinati in centri specializzati, alle terapie cellulari, che hanno suscitato speranze poi ridimensionate dalla complessità della ricerca clinica”.

“La qualità della vita delle persone con disabilità” “non dipende esclusivamente dai progressi della ricerca biomedica: accessibilità, inclusione lavorativa, assistenza adeguata, sostegno psicologico sono altrettanto cruciali”, aggiunge Falabella nella lettera aperta che sta facendo il giro delle Unità spinali d’Italia.

Sono quei reparti, quasi tutti nella sanità pubblica – la privata accreditata predilige la più remunerativa riabilitazione –, in cui chi ha un danno al midollo spinale è gestito da specialisti e ha più chance di recuperare il massimo possibile, rispetto a una lesione che può essere completa o incompleta anche in base a come viene soccorso: “Nel 2008 l’80 per cento delle persone che vedevamo aveva una lesione completa, adesso solo una su quattro”, dice Michele Spinelli, che lavora all’Unità spinale dell’ospedale Niguarda di Milano da quando è stata creata 23 anni fa e da dieci anni la dirige, parlando sopra i trapani del cantiere d’un ampliamento che finalmente, tra un anno, consentirà al reparto di passare da 30 a 40 letti, incrementando quelli ventilati per i più gravi, e quindi di curare più persone con una lesione midollare (oltre alle 350 che segue per la spina bifida): “Oggi riusciamo a ricoverarne novanta all’anno, e una cinquantina le dobbiamo purtroppo dirottare su altre strutture con cui cerchiamo di fare rete”.

All’indomani della notizia del giovane paraplegico “tornato a camminare”, anche al dottor Spinelli “sono arrivate una valanga di e-mail, come ai miei colleghi che dirigono altre Unità spinali. Le persone farebbero di tutto per tornare a camminare. Condivido quello che ha scritto Falabella. La stimolazione elettrica è da sempre una frontiera di studio per il trattamento delle lesioni midollari – continua l’urologo -. Qui alla fine degli anni ‘90 siamo partiti con impianti per stimolare la vescica in pazienti con una lesione completa ma col tempo ci siamo resi conto che l’effetto dopo un po’ si esauriva. Oggi ci sono tecnologie e modalità d’impianto molto interessanti per diversi parametri, la novità della stimolazione epidurale è un filone di ricerca promettente: abbiamo incontrato a Firenze il gruppo di Losanna autore del primo trial clinico, e abbiamo poi avviato un percorso con un gruppo di Minneapolis, guidato della professoressa Uzma Samadani, che sta portando avanti una sperimentazione molto rigorosa. A settembre dell’anno scorso, insieme ai neurochirurghi del Niguarda diretti dal professor Marco Cenzato, abbiamo effettuato il primo impianto epidurale e ora stiamo definendo un protocollo”.

Perché qualunque scoperta dev’essere testata nel tempo prima di capire per cosa, per quante e quali persone, e quanto a lungo possa funzionare. “Il trattamento dei nostri pazienti è sia sanitario che sociale – conclude Spinelli -. Perché la ricerca sulle lesioni midollari dia loro speranze concrete occorre una comunicazione responsabile”.