Covid: è morto Erminio 'Pepe' dei Dik Dik. Sognando la California

Il fondatore della storica band è scomparso a 80 anni, ucciso dal virus "Noi non ci fermiamo", aveva scritto sui social, dove si esibiva con la chitarra

I Dik Dik, pepe è il primo a destra

I Dik Dik, pepe è il primo a destra

Buccinasco (Milano), 20 dicembre 2020 - Era una trattoria senza pretese, perché la cucina era solo un contorno all’atmosfera che si respirava tra i tavoli e le pareti con appesi i cimeli di un tempo fatto di nostalgia. Quando arrivava il dessert, iniziava un giro di do. E la locanda di via Mulino Bruciato si accendeva con la musica dei Dik Dik. Era stato Erminio Salvaderi, detto Pepe, a voler aprire un locale nella sua Buccinasco, dove era nato e cresciuto. Il juke box si spegneva e la chitarra di Pepe riempiva il locale, risvegliava i ricordi di chi ha vissuto l’avvento dei Dik Dik nella scena musicale beat italiana. Erano gli anni Sessanta, nel mondo spopolavano i Beatles, in Italia nascevano gruppi con grandi ambizioni e sogni. Sognavano la California mentre suonavano nei localini milanesi e l’hanno fatta sognare a intere generazioni. Pietro Montalbetti, detto Pietruccio, Giancarlo Lallo Sbrinziolo e Pepe Salvaderi, il nucleo storico della band, debuttano nel 1965. L’ultimo album a maggio 2020,“Una vita d’avventura”. Il singolo “Ci sarà” è un video-collage di filmati inviati da quasi 3mila fan della band durante il lockdown.

«Non ci fermiamo» , diceva Pepe sui social, dove si esibiva con la chitarra. Perché la musica continua anche quando tutto il mondo si ferma. Pepe l’ha fermato il covid, che lo ha ucciso a 80 anni. "Sei andato a suonare con gli angeli e ci hai lasciato qui a piangerti e ricordarti per sempre", hanno detto i compagni del musicista. Lui che tante volte si era trovato di fronte una folla immensa a cantare le sue canzoni, se n’è andato solo, sul letto di un ospedale. "Un uomo buono, generoso, artista umile", dice chi lo ha conosciuto, ricordando le sue idee, i tanti progetti. Non solo quel locale a Buccinasco, dove sono passati tutti i miti della musica per oltre 25 anni, prima della chiusura del 2018, ma anche la Via della Musica, di fianco alla trattoria: una strada con foto delle stelle del firmamento musicale italiano. Ad aprire la piccola hall of fame, neanche a dirlo, c’era il ritratto dei Dik Dik, quelli con gli occhiali grandi, le basette lunghe, le camicie aperte sotto il collo. Quelli che hanno iniziato a suonare a una manciata di chilometri da casa di Pepe, tra le panchine della Zona Tortona quando non era ancora terra di design e moda, ma case popolari e polvere del dopoguerra. Tempi in cui Pepe lavorava nella banca del padre di giorno e di sera andava nella chiesa del Rosario a provare con la band, perché a don Angelo piaceva quella musica.

Era stato proprio lui , il parroco, a intercedere con l’amico Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI, affinché potesse raccomandarli alla Dischi Ricordi. Era il 1965 e da quel provino sono passati milioni di dischi venduti, collaborazioni con Mogol e un ancora sconosciuto Lucio Battisti. Una rivoluzione musicale passata dalla cover dei The Mamas & the Papas, California Dreaming (Sognando California), Il primo giorno di primavera, Viaggio di un poeta, L’isola di Wight e la versione dei Procol Harum, A Whiter Shade of Pale, Senza luce. Quella che si è spenta con l’addio di Pepe.

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