Milano, morti per amianto alla Scala: in aula i figli delle vittime

"Nostro padre si lamentava sempre della polvere che c'era sul palcoscenico e che si depositava anche sugli abiti che portava in scena"

Lavori all'interno della Scala

Lavori all'interno della Scala

Milano, 16 settembre 2019 - "Nostro padre si lamentava sempre della polvere che c'era sul palcoscenico e che si depositava anche sugli abiti che portava in scena". Lo hanno raccontato Debora Caterina e Alessandro Asta, figli di Demetrio Asta, attrezzista, macchinista e siparista del Teatro alla Scala, morto nel 2015 di absestosi, malattia polmonare tipica dell'esposizione all'amianto, testimoniando nel processo milanese a carico di cinque ex dirigenti del teatro accusati di omicidio colposo in relazione alla morte di una decina di persone che avrebbero respirato le fibre killer al Piermarini, prima delle bonifiche dei locali.

"Negli ultimi anni prima di andare in pensione, papà faceva il 'primo valletto', ed era quindi addetto all'apertura del sipario in velluto. Quest'ultimo - hanno spiegato i figli - sempre impregnato di polvere". E ancora: "Da quando è stata diagnosticata la malattia a papà, che all'epoca aveva 63 anni, la sua qualità della vita è peggiorata notevolmente, con continui ricoveri in ospedale". I familiari di Asta hanno raccontato anche che il padre "non ha mai perso l'amore per questo teatro. Ha vissuto per la Scala  - hanno detto - ed era quasi un'istituzione".

Questa mattina ha deposto in aula anche Marcello Menegatti, figlio della corista lirica Luciana Patelli, morta nel 2013 di mesotelioma pleurico. "Quando tornava a casa si lamentava del fatto che sul palco, soprattutto nei pressi della cosiddetta 'pattona' (una parte del  sipario, ndr) c'era moltissima polvere". Dopo l'udienza, il 50enne ha raccontato che la madre ha «sempre avuto una grande passione per il suo mestiere e non ha mai avuto risentimenti nei confronti del teatro".

"Per anni i lavoratori sono stati esposti all' amianto, senza avere le dovute informazioni sui rischi e senza i dovuti dispositivi di protezione, sia personali che ambientali". Lo scrivono in una nota alcuni comitati e associazioni e anche i rappresentanti di Cub Informazione e Spettacolo. Nel comunicato viene spiegato che le testimonianze dei lavoratori nel dibattimento sono state "concordi nel riproporre le condizioni concrete del lavoro, che prevedeva l'uso di attrezzature costituite da amianto (in particolare il sipario e le coperte antincendio)". L'amianto, si legge ancora, "era diffuso anche nella struttura del teatro e le bonifiche sono avvenute in fasi successive all'entrata in vigore della legge che proibiva l'uso dell'amianto". 

"Abbiamo utilizzato guanti in amianto, un materiale ignifugo, almeno fino al 1994", aveva raccontato un attrezzista del teatro testimoniando nella scorsa udienza il 5 settembre. Quando nel 1991, si legge nel comunicato, "il grande sipario ignifugo, detto 'pattona', si ruppe rovinosamente, i lavoratori per garantire lo spettacolo furono costretti a un intervento di urgenza a mani nude". Si tratta, concludono associazioni e comitati, "di fatti inconfutabili, che dovrebbero resistere al vento dell'oblio o del garantismo a favore dei dirigenti e a scapito di chi lavorava e ci ha rimesso la vita". 

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