
Il cardiochirurgo Emad Al Jaber in sala operatoria
Milano, 16 ottobre 2020 - Niente più cicatrici da venti centimetri per interventi del cuore a torace aperto. Il futuro della cardiochirurgia è affidato a un approccio mini-invasivo. Si arriva al cuore con un taglietto di 2/3 centimetri e una microtelecamera. Grazie a una tecnica molto avanzata che non è disponibile ovunque ma solo in una decina di ospedali in tutto il mondo. Tra cui il Centro Cardiologico Monzino di Milano, dove opera Emad Al Jaber, direttore dell’unità di cardiochirurgia mininvasiva ed endoscopica, all’interno del dipartimento di chirurgia cardiovascolare, diretto dal professor Gianluca Polvani. Quarantaduenne di origine giordana, il dottor Al Jaber, dopo la laurea e la specializzazione, si è formato alla scuola di endoscopia cardiaca vicentina diretta da Loris Salvador, il suo maestro. Adesso il "mago del cuore" del Monzino – come soprannominato dalla stampa estera - opera e insegna la cardiochirurgia endoscopica anche in Grecia e nel Medio Oriente, dove ha operato il primo adulto con questo approccio. In totale i pazienti sono oltre 700.
Quali sono le differenze con la chirurgia tradizionale?
"Di solito è prevista una lunga incisione, anche di 20 centimetri, per arrivare fino al cuore, dovendo aprire lo sterno. Traumatismi, dolori e complicanze sono immaginabili. La cardiochirurgia mininvasiva ed endoscopica inaugura una nuova frontiera. Attraverso un’incisione di 2/3 centimetri, praticata sul contorno del capezzolo negli uomini e sotto la mammella nelle donne, si introduce una microcamera. Il cuore viene ingrandito su un monitor in sala operatoria e il chirurgo è completamente guidato dalla telecamera nell’utilizzo di speciali ferri (strumenti chirurgici ndr), più lunghi di quelli tradizionali. Quando ho iniziato qualche anno fa, non trattavo in questo modo tutte le patologie. Adesso invece per l’80% delle patologie cardiache che necessitano di un intervento chirurgico si impiega questo approccio, come interventi sulle valvole, tumori, difetti congeniti trattati in età adulta".
Quali sono i vantaggi rispetto alla classica sternotomia?
"Per il paziente numerosi. Gli interventi durano meno di quelli tradizionali. Il dolore è inferiore, ci sono meno traumatismi, la durata della degenza è contenuta, come il ricorso alla terapia intensiva e alle trasfusioni di sangue. Il taglio è solo di 2/3 centimetri e l’impatto estetico è decisamente più contenuto. Come lo è quello psicologico: con la sternotomia anche a distanza di anni lo specchio ricorda sempre al paziente l’operazione, con l’endoscopica non più. La ripresa dell’attività quotidiana è più veloce: i pazienti operati in modo tradizionale possono tornare a guidare la macchina dopo due mesi, con la chirurgia mininvasiva dopo sole due settimane".