Un primo tempo da incubo che ha penalizzato i nerazzurri, indirizzando una serata nata male. Eppure, l’entusiasmo era a mille agli ingressi, affollati già fin dal primo pomeriggio davanti a San Siro. Ben 51mila persone - tifoso più, tifoso meno - si sono presentate biglietto in mano per godersi sul maxi schermo la finalissima di Champions Inter-Paris Saint Germain.
Dopo la “notte dei miracoli“ al Meazza nella semifinale contro il Barcellona, tutti si aspettavano una grande Inter. E allora, ai cancelli, via ai canti per Cahlanoglu, Lautaro, Barella, Thuram e Dumfries - in ordine sparso - e sfottò ai cugini rossoneri rimasti a guardare (e gufare). Sorrisi, fumogeni nerazzurri, abbracci e l’attesa fiduciosa. Man mano che la partita si è snodata, i sorrisi sono diventati sempre più tirati, fino a spegnersi nei musi lunghi. Occhi lucidi. Senza mai che la speranza si spenga del tutto. "Perché la pazza Inter ci ha abituato a questo ed altro", dice fiducioso Francesco, quasi in fase mistica alla fine del primo tempo.
Al 63’ arriva il terzo gol dei parigini che spegne ogni residuo entusiasmo. E poi il quarto. Il miracolo, stavolta, non arriva. Semplicemente perché non è possibile alcun miracolo. Resta la rassegnazione. E allora già prima della metà del secondo tempo qualcuno comincia ad andarsene da San Siro, non memore della lezione impartita agli sfiduciati nella semifinale contro il Barca dal gol di Acerbi al ’93. Ma stavolta, nessuna rimonta. Anzi. Arriva il quinto gol subito da un incredulo Sommer. È la notte più buia dell’anno per l’Inter. E per il suo popolo. Anche se un ragazzo con la maglia di Barella, tra la folla silente, sussurra al vicino con gli occhi lucidi: "Ci riproveremo l’anno prossimo, vedrai".