Milano, Marco Carta 'salvato' dal giudice: "Arresto illegittimo"

Il cantante tornerà a processo a settembre dopo l'arresto del 31 maggio

Marco Carta circondato dai carabinieri

Marco Carta circondato dai carabinieri

Milano, 11 giugno 2019 - Per ora è il giudice che mette la parola «fine» al primo step della vicenda giuridico-mediatica che ha coinvolto Marco Carta, il cantante vincitore di Amici e Sanremo 2009. «L’arresto con l’accusa di aver rubato delle magliette per un valore di 1.200 euro alla Rinascente non può ritenersi legittimo alla luce della carenza di gravità indiziaria nei confronti del cantante». Lo ha messo nero su bianco il giudice del Tribunale di Milano, Stefano Caramellino, spiegando perché ha deciso di non convalidare l’arresto del 34enne.

Diversa la sorte dell’infermiera 53enne di Cagliari, Fabiana Muscas, che era con lui. Il giudice ha deciso di convalidare, invece, il suo arresto perché nella sua borsa erano nascosti gli abiti rubati, oltre a un cacciavite per rompere le placche antitaccheggio. «Il cantante – scrive il gip – non aveva all’uscita dall’esercizio commerciale la borsa contenente i vestiti sottratti. La polizia locale non ha visto alcunché dell’azione furtiva e si è basata solo sulla ricostruzione dell’addetto alla vigilanza che aveva notato i movimenti sospetti».

Il cantante e la sua amica sarebbero saliti al terzo piano, dove ci sono i camerini, e lì Carta avrebbe provato le t-shirt, che poi avrebbe passato all’amica, la quale le avrebbe riposte nella sua borsa. Tutti elementi che per il giudice, però, sono troppo «eterei e inconsistenti» per dare luogo ad un arresto. Il 34enne si è sempre proclamato innocente e, secondo il giudice, non ci sono elementi sufficienti per dimostrare che abbia mentito. Al contrario, «la credibilità della sua versione può essere ragionevolmente affermata». Per entrambi, comunque, il processo per furto inizierà il prossimo 20 settembre.

Il furto, secondo il giudice, sarebbe stato commesso dall’amica, lui era «semplicemente in sua compagnia». Per il giudice «l’unico teste oculare», ossia il vigilante, «ha descritto un comportamento anteriore» di Carta e dell’amica «che ha giudicato sospetto», ma «è normale che due acquirenti si guardino spesso attorno all’interno di un esercizio commerciale» e l’ipotesi che «essi stessero controllando se erano seguiti dai dipendenti è formulata in modo del tutto ipotetico e vago». In più, anche il fatto che si siano recati in un piano diverso per provare le magliette «è compatibile con il proposito di trovare un camerino di prova libero». Per il giudice, inoltre, «il fatto che lo sguardo dell’addetto alla vigilanza non sia stato fisso sui due arrestati è riscontrato dal fatto che neanche lui ha affermato di avere visto l’inserimento degli abiti nella borsa, né ha affermato di aver sentito alcun rumore compatibile con la rottura delle placche antitaccheggio». Il contenuto dell’ordinanza, spiega l’avvocato di Carta, Ciro Giordano, pone fine «al giudizio parallelo di fatto celebrato nella rete».

 

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