REDAZIONE MILANO

Operazione della Finanza contro i ras del riciclaggio: il caveau scoperto grazie al fiuto di un cane

Denaro e beni sotto sequestro. In carcere imprenditore bergamasco. Nascosti lingotti, gioielli e un tesoro in contanti per 80 milioni. "Punto di riferimento per ripulire soldi illegali. Trattenevano il 40%".

L’operazione della Finanza I ras del riciclaggio: reinvestiti 80 milioni in caffè, ville ed energia

MIlano – Il caveau, con all’interno un tesoro tra gioielli, lingotti, diamanti e denaro contante, era venuto alla luce a giugno dell’anno scorso, grazie al fiuto di uno dei cash-dog della Guardia di finanza, cani addestrati per riconoscere il denaro nascosto dai trafficanti di valuta, in particolare negli aeroporti e ai valichi di frontiera. Gli sviluppi dell’inchiesta hanno portato ora all’arresto dell’imprenditore bergamasco Roberto Polese, finito in carcere. Un suo collaboratore è invece ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta per frode fiscale e autoriciclaggio coordinata dalla Procura di Milano che ha portato anche a un sequestro preventivo di 80 milioni.

A eseguire i provvedimenti sono stati i finanzieri del Comando provinciale di Milano. Destinatario della misura cautelare firmata dal gip è anche Marcello Polese, fratello di Roberto, il quale è latitante negli Emirati Arabi.

L’inchiesta ereditata dal pm Paolo Storari dal collega Roberto Fontana ora al Csm, è stata condotta dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria della GdF ed in parte era già venuta a galla quando, durante una perquisizione domiciliare eseguita nel giugno 2022 nella villa di Roberto Polese, a Martinengo, in provincia di Bergamo, il cash-dog Grisby del Gruppo delle Fiamme Gialle di Linate, ha segnalato una specifica porzione di parete all’interno di una cantina ricoperta di pannelli di legno, dietro la quale c’era un vero e proprio caveau, protetto da una porta blindata con codice d’accesso.

All’interno i militari hanno trovato e sequestrato 2.584.500 euro in contanti, 40 orologi di varie marche di lusso, diamanti, gioielli, lingotti, oltre 2.600 monete d’oro e d’argento per un valore totale di circa 5.000.000 di euro, di cui l’indagato disponeva senza una plausibile giustificazione. Secondo quanto è emerso dagli accertamenti, gli indagati riciclavano denaro anche per conto di altri imprenditori, al netto di un compenso del 30-40% dell’importo da reimpiegare, attraverso un "collaudato sistema di false fatturazioni mirate al trasferimento finanziario del provento illecito".

Un complice si occupava, tra l’altro, del reclutamento di prestanome, dell’apertura di conti correnti e della costituzione di ulteriori veicoli societari in diversi Paesi dell’Est Europa, attraverso una rete di fiancheggiatori. Uno degli indagati, avvalendosi delle consulenze di professionisti di fiducia, avrebbe quindi reimpiegato 80 milioni di euro nello sviluppo di un progetto industriale per la realizzazione di macchinari per la produzione di capsule del caffè, facente capo ad una società svizzera riconducibile al “dominus” del gruppo.

Soldi utilizzati anche per l’acquisto di una villa in Svizzera, dal valore stimato di oltre due milioni e mezzo di euro, utilizzata come abitazione privata. Una parte del denaro veniva inoltre investito in "società operanti nel settore energetico", settore in forte espansione, riconducibili direttamente o indirettamente agli indagati.