L’ex fabbrica Necchi cornice del Fuorisalone

Il fondatore di Zaventem Ateliers insieme ad altri designer ha scelto Baranzate. Risultato: trasformato uno spazio abbandonato da 20 anni in una galleria

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di Roberta Rampini

La porta d’ingresso è una breccia aperta nel muro sul retro del capannone industriale. L’uscita è molto simile, ma delimitata da assi di legno messe tempo fa per impedire l’ingresso ai senzatetto. In mezzo ci sono tremila metri quadrati di archeologia industriale, ripulita, messa in sicurezza e trasformata in un “district design” dove vecchi pilastri in cemento ritmano gli spazi e moderne lampade sospese intensificano la luce.

Siamo a Baranzate, comune alle porte di Milano, che quest’anno è entrato nella mappa dei luoghi da visitare per il Fuorisalone 2022. Il merito è del belga Lionel Jadot, designer, artista, architetto d’interni e fondatore di Zaventem Ateliers, che ha scelto l’ex fabbrica Necchi di via Milano 251 e insieme ad altri designer e ospiti internazionali ha trasformato questo luogo dismesso e abbandonato da oltre 20 anni in una galleria con pezzi da collezione. Il progetto denominato Baranzate Ateliers occupa l’ex tipografia della famiglia Necchi, dove ci hanno lavorato centinaia di baranzatesi e milanesi. Un edificio industriale degli anni Cinquanta che non nasconde i segni del tempo ma, attraverso l’arte, li valorizza e ne racconta la storia. "Abbiamo incontrato Alessandra Necchi durante la Milano Design Week di settembre. Le è piaciuto molto il progetto di Zaventem Ateliers e ci ha subito proposto questo spazio. Il nostro Fuorisalone propone un rinascimento creativo in un ambiente post-apocalittico. Vuole essere un messaggio di speranza. Il progetto va oltre una semplice occupazione di spazio, vuole offrire uno sguardo su come un luogo potrebbe svilupparsi a livello locale, con attori locali e come estensione di Zaventem Ateliers", spiega Jadot. In mezzo ci sono stati otto mesi di intenso lavoro coordinati dall’architetto milanese Pietro Minelli, tra burocrazia, avvocati, monta e smonta, "questo immobile occupato da disperati è diventato un luogo di rinascita - spiega Minelli -. Auspico che possa fare da apripista per un progetto di rigenerazione di questo posto".

Colore. Fantasia. Materiali e anche una storia di rigenerazione sociale che si chiama Moussen. Un tunisino che da qualche mese ha trovato rifugio nell’ex fabbrica, "è un uomo con una grande dignità, moglie e tre figli nel suo Paese, ma che non ha avuto grande fortuna nella vita. Lo abbiamo coinvolto, gli abbiamo dato un lavoro e anche questo dà valore a tutto il progetto". Lo spazio si può visitare fino al 12 giugno dalle 10 alle 22 a ingresso libero.

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