Lombardia: la rivoluzione delle analisi (anche per i tempi)

La Regione cambia le regole per i laboratori dopo vent’anni, da marzo 48 mesi per adeguarsi. Intanto fissa le attese massime per i test

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di Giulia Bonezzi

In Lombardia si aggiornano, dopo più di vent’anni, le regole per l’autorizzazione e l’accreditamento dei servizi di medicina di laboratorio: una rete di 275 centri tra pubblici e privati (i privati sono un po’ più di cento), per i quali sono stati codificati anche i tempi entro i quali restituire ai pazienti i risultati delle indagini cliniche. Una mole impressionante: solo nei primi sei mesi di quest’anno 125 milioni, l’equivalente di dodici esami e mezzo a testa per ogni lombardo (contando però anche chi non fa un emocromo da anni) quand’era ormai arginato lo tsunami di test del coronavirus che fino a tutto il 2021 ha travolto laboratori ai quali era ancora imposto d’avere cinque locali separati per i "molecolari" ormai processabili con una singola macchina.

Ma la pandemia ha dato solo il colpo di grazia a un’architettura normativa già obsoleta: "Nel nostro campo le tecnologie cambiano più o meno ogni due anni", chiarisce Pierangelo Clerici, direttore della Microbiologia e del dipartimento di Medicina di laboratorio all’Asst Ovest Milanese e presidente della Federazione italiana delle società di Medicina di laboratorio. Uno dei professionisti che con il Cresmel (Comitato regionale per i servizi di medicina di laboratorio, in cui sono rappresentate tutte le discipline, dalla microbiologia e virologia all’anatomia patologica, dall’immunoematologia alla genetica medica) e la Direzione Welfare della Regione ha scritto le regole nuove, approvate dalla Giunta lunedì con una doppia delibera proposta dalla vicepresidente Letizia Moratti. L’epilogo di un percorso che, spiega Clerici, era partito all’inizio del 2019 e s’era arenato con la pandemia. A premere l’acceleratore, negli ultimi sei mesi, sono stati "l’impulso e la determinazione" dell’assessore al Welfare Moratti, "che ha chiesto a noi professionisti di riscrivere le regole - spiega Clerici -. Per noi è una delibera epocale, che mette al centro il nostro lavoro e soprattutto il paziente. Un paziente che ha accesso a moltissime informazioni, e al quale non si può non dare una risposta corretta, nei tempi e anche su cosa non si fa perché non ha senso".

I nuovi criteri intervengono anche sull’appropriatezza, con indicazioni precise per gli specialisti e i medici di base che in un anno arrivano a prescrivere 250 milioni di analisi di vario tipo - 25 a testa per ogni lombardo -, per un valore di 1,4 miliardi di euro. E sulla qualità: "La Lombardia - chiarisce Clerici – ha da decenni un sistema di controllo"; i provvedimenti lo aggiornano alle tecnologie di oggi, fissano volumi annuali minimi di attività per i laboratori a seconda del livello e trasformano il centro di controllo qualità del Niguarda in "centro di riferimento regionale per i servizi di medicina di laboratorio".

Uno dei punti più importanti, sottolinea Clerici, riguarda "la sicurezza dei pazienti". Che significa "tempi certi entro i quali i referti devono essere consegnati" in base all’esame: "Per alcuni basta qualche giorno, altri richiedono mesi ma le persone devono sapere qual è l’intervallo massimo". Non che oggi non esista, "ma ci si basa sullo storico, e alcuni test non hanno limite perché vent’anni fa non c’erano le tecnologie. Anche questi tempi li abbiamo codificati". Sono stati normati, aggiunge Clerici, i service, "stabilendo che la responsabilità di garantire i tempi è del centro titolare dell’esame" (a scanso di tentativi di dirottare le proteste sul laboratorio al quale l’hanno appaltato, ndr). Ed è stato introdotto "un meccanismo di immediata informazione del valore-panico", quando un parametro configura una situazione di rischio vita, attraverso un alert al prescrittore. Anche questa "era una buona prassi, adesso viene codificata". Sono stati fissati i tempi di risposta per gli esami - solo quelli d’urgenza - prescritti al laboratorio dal pronto soccorso, ed è stata normata la strumentazione Poct (Point of care testing), come le macchine per i Covid test antigenici nei reparti. "Abbiamo valorizzato la professionalità degli operatori – continua Clerici –, scrivendo chi fa cosa e, per la prima volta, quanti devono essere a seconda dell’attività. Abbiamo introdotto la figura del bioinformatico, ormai indispensabile". Una rivoluzione, alla quale "i laboratori non possono adeguarsi in due giorni. È previsto un percorso a step a partire da marzo 2023": sei mesi per presentare le istanze, 18 per raggiungere i requisiti organizzativi, 24 per quelli strutturali, 48 mesi per quelli che riguardano il personale.

La riorganizzazione, spiega il microbiologo, era indispensabile anche per ottenere i finanziamenti previsti dal Pnrr e dalla legge nazionale di riordino che per la Lombardia ammontano a oltre sei milioni di euro. E serviranno a mettere in rete i laboratori lombardi - l’idea è collegare tutt’Italia -, così che un domani i risultati di un esame fatto a Lecco, ad esempio, possano esser letti in un ospedale di Mantova, senza costringere il paziente a girare con dischetti o chili di carta. L’altro orizzonte da sviluppare connettendo i laboratori si chiama "telepatologia"; ad esempio, un professionista per interpretare un vetrino potrà confontarsi con colleghi o un centro di riferimento, inviando immagini ad altissima risoluzione.

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