Moroni
altro giorno mi sono ritrovato in stazione. Fin qui niente di strano, mi direte. Il fatto è che non arrivavo e non partivo, non aspettavo nessuno, non avevo la minima ragione di essere lì.
E allora cosa ci facevi, è la domanda?
Risposta: ero andato a "vedere i treni". Come mi diceva mio nonno quando ero bambino. La mia è stata una specie una regressione all’infanzia, forse mescolata a un po’ di nostalgia per i tanti anni di pendolarismo.
Devo incominciare a preoccuparmi?
Salvatore, Voghera
Assolutamente no, amico Salvatore. Nessuna preoccupazione. Al contrario.
Tutto questo è molto bello: i ricordi d’infanzia e quelli della vita da pendolare.
E poi, su quelli della nostra generazione, il treno ha sempre esercitato e non smette di esercitare un certo fascino. Ricordiamo un film, di quelli che oggi vengono definiti "cult" per dire che sono senza tempo e senza età, che possono essere rivisti all’infinito e non stancano mai: “Il ragazzo di campagna“, protagonista uno strepitoso Renato Pozzetto.
Una scena, fra tutte, è indimenticabile. Venerdì pomeriggio a Borgo Tre Case. Sono da poco passate le sei. Artemio, in compagnia degli anziani contadini del posto, va ad assistere a quello che chiamano "lo spettacolo". L’immagine successiva mostra gli spettatori in emozionata attesa. "Eccolo, arriva", grida Jimmy Il Fenomeno. La comparsa di un treno sferragliante estasia Artemio e i suoi attempati amici.
"Come è bello", si entusiasma uno. "Impressionante", rincara un altro. "Che abbia tanti vagoni o meno, il treno è sempre il treno. Uno spettacolo unico". Grande verità: il treno è sempre il treno.
E noi siamo tutti un po’ Artemio, caro Salvatore. Meglio così.
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