Il Gran Gala intitolato alla Fracci. L’emozione di Martina Arduino:: "Mi ha lasciato cose preziose"

La prima ballerina della Scala sarà protagonista questa sera con il fidanzato Marco Agostino. Intanto da ieri la sala prove dell’ottavo piano del Piermarini porta il nome di Carla.

Il Gran Gala intitolato alla Fracci. L’emozione di Martina Arduino:: "Mi ha lasciato cose preziose"

Il Gran Gala intitolato alla Fracci. L’emozione di Martina Arduino:: "Mi ha lasciato cose preziose"

Carismatica e intensa, Martina Arduino è una delle artiste più interessanti nel panorama internazionale della danza. Prima ballerina alla Scala, una carriera solo in ascesa, un talento innato su cui lavora ogni giorno, senza tregua. Rientrata da qualche settimana dalla tournée scaligera a Hong Kong e Shanghai. Questa sera in “Gala Fracci” Arduino con Marco Agostino interpreta il pàs a deux da “Paquita” coreografia Petipa con loro Solisti e Corpo di Ballo della Scala, diretti da Manuel Legris, ore 20. Fra gli artisti ospiti Marianela Nuñez, Olga Smirnova, Roberto Bolle, Vadim Muntagirov, Jacopo Tissi. E ieri la sala prove del ballo all’ottavo piano della Scala è stata intitolata a Carla Fracci, che al Teatro ha legato una parte fondamentale della sua vita. La targa è stata apposta alla presenza del sovrintendente Dominique Meyer e del direttore del Corpo di Ballo Manuel Legris.

Martina, cosa significa ballare per Carla Fracci?

"È la terza edizione del Gala a lei dedicato, ogni anno avverto la stessa emozione. L’ho conosciuta quando è venuta da noi alla Scala per tenere alcune lezioni su “Giselle”; mi ha lasciato qualcosa di prezioso, unico difficile da spiegare. Questa serata in suo onore ha qualcosa di magico, danziamo balletti che Carla ha portato in scena".

In quest’ultima stagione danza spesso con il suo fidanzato Marco Agostino.

"In effetti, abbiamo danzato insieme “Coppelia”, poi “Le Corsaire” e adesso “Paquita”. Mi piace ballare con Marco perché abbiamo lo stesso approccio al lavoro, ci capiamo immediatamente, ci piace costruire insieme il ruolo, per noi il lavoro in sala è fondamentale. Se poi nel balletto i protagonisti sono innamorati ci sentiamo più liberi, sicuri, in fondo danziamo noi stessi".

Sarete anche i protagonisti de “La Bayadère” di Petipa/Nureyev (dal 26 maggio al 6 giugno). Come vi state preparando?

"È un balletto che adoro, peccato che l’ultima volta che l’abbiamo danzato è stato verso la fine della pandemia e io e Marco avevamo avuto per due settimane il Covid, quindi non eravamo in perfetta forma; l’avevamo studiato così tanto, ricordo la recita con sofferenza, consapevole che non stavo dando il meglio di me. Questa volta siamo pieni di energia, mi sembra d’aver danzato questo balletto tutta la vita, sono felice per questa opportunità, è la versione di Nureyev, quindi piena di difficoltà e bellezza. Anche il passo più complicato, e apparentemente impossibile, porta a un’armonia, a un’eleganza incredibile. A Mosca qualche anno fa ho danzato “La Bayadère” di Petipa, un’esperienza straordinaria, una magnifico ricordo eppure quella di Nureyev a cui sto lavorando è veramente pazzesca".

Cos’altro condivide con Marco?

"I tanti intoppi della vita e della scena, lui mi aiuta sempre a ridimensionarli, a superarli, sa come rassicurarmi. Su di lui so che potrò sempre contare, insieme siamo riusciti a superare tante cose, il poter confrontarmi sempre con Marco mi rende più concreta e saggia".

Cosa fate quando non studiate e non siete in scena?

"Se restiamo a Milano andiamo a visitare le mostre, i musei l’arte è un’altra nostra passione. Mio nonno, 91 anni, vive nella campagna astigiana appena abbiamo due, tre giorni liberi corriamo da lui e siamo felici tutti e tre".

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