
Francesco De Luca mostra la specialità della casa (Newpress)
Milano, 10 maggio 2016 - Dicono che il caso faccia le cose per bene. Se non sempre, almeno spesso. E per una certa signora Angela, capitare appunto per caso al “Gin Rosa” era stata un’emozione, come lei stessa aveva poi rivelato, omaggiando con un breve scritto gli attuali proprietari del locale, Francesco De Luca e la moglie Nicoletta e spiegando in poche righe le ragioni di tanta simpatia. «È qui che mio marito mi ha chiesto di diventare sua moglie». Con una chiusa – «Vi adoro» – che nel bel locale storico della Galleria San Babila giustamente conservano come un cameo. Non che manchino i complimenti per quello che viene da sempre considerato uno dei cocktail-bar più belli e famosi di Milano. Per la verità, qualche osservatore pignolo potrebbe dire che sono più numerosi anche gli enigmi sull’origine del nome “Gin Rosa”. Ma in fondo, tra tanti quesiti senza risposte, uno almeno pare chiarito, sancito da una pubblicazione edita in quel di Oleggio, nel Novarese, in cui si riferisce di una tale Annunciata Bournè che nella seconda metà dell’Ottocento avrebbe acquistato un «lussuoso bar sotto i portici di San Babila a Milano» e volendo contrastare la supremazia del Campari, avrebbe creato un suo aperitivo chiamandolo appunto “Gin rosa”.
Tutto vero o quantomeno probabile, anche se – si sa – la Storia è come certi paesaggi: cambiano in base al punto di osservazione. Tant’è. Contano i fatti. E allora, ecco la Storia ufficiale, in una Milano che era ancora alle prese con le guerre d’indipendenza e in una piazza dove i palazzi evocavano la Serenissima, con tanto di Colonna in pietra sovrastata da un leone veneziano. Era nata allora la “Bottiglieria del Leone”, subito capace di attirare una clientela esigente che amava indugiare ai tavolini e osservare il passaggio delle carrozze. Presto fu conosciuta come Bottiglieria Canetta dal nome del nuovo proprietario Maurizio Canetta e fu poi rinnovata ai primi del ’900 da Luigi Donini con arredi, bancone e una macchina per il caffè espresso. Aggiornamenti infiniti. Come le varietà dei cocktail: prima il “Costumè Pastis” a base di fiori di assenzio, poi il “Mistura Donini”, con l’aggiunta di bitter al Costumè Canetta, per arrivare al definitivo “Gin Rosa” prodotto nell’era dei Marangione, nuovi padroni di casa e ultimi a passare il testimone, nel 2000, stavolta a Francesco De Luca e alla moglie Nicoletta, bella coppia che ha passato una vita ad aprire locali a Milano e infine ha deciso di posare i bagagli in Galleria San Babila e di tenere in vita questo piccolo bijou di Milano. Storia comunque affascinante. Come la splendida Corinne Clery che nel 2011 aveva lasciato un suo scritto autografato ringraziando per la bella ospitalità. O come quella che negli ultimi 15 anni ha visto il Gin Rosa entrare di diritto nella Guida dei Locali Storici e ottenere il riconoscimento di “Esercizio di storica attività” dalla Regione Lombardia.
Certo, la Milano che c’è attorno non è più quella di un tempo: certe sere, la zona San Babila pare la City londinese che dopo gli uffici si svuota. Del resto, anche nel locale è scomparso qualcosa: non c’è più la bella scultura in marmo di Davide Sala che raffigurava una figura femminile nuda sotto un getto d’acqua. Ma, come dire?, se nulla è per sempre, almeno qui c’è qualcosa che dura da una vita. Ed è il rito sacro dell’aperitivo per una certa Milano che trova geniale questo cocktail prodotto in Monferrato che si serve senza ghiaccio e continua a portare il nome di “Gin Rosa” in omaggio alle bacche di ginepro distillate assieme al rabarbaro, alla genziana e ad una trentina di altre erbe. Roba per consumatori non frettolosi, che in questo ritrovo di San Babila hanno imparato ad apprezzare anche la buona cucina di Massimo Moroni. Francesco e Nicoletta non lo dicono ma lo pensano: il locale migliore della loro lunga carriera. Riservatezza ma anche scaramanzia. Del resto, dicono che al Gin Rosa le storie finiscano bene o non finiscano affatto. Più che un complimento, un antidoto contro la caducità.