Genitori accoltellati, le parole del killer: "Volevo uccidere il demone che ha sostituito mia madre"

In aula la testimonianza dell’anziana madre di Marco Manfredini, sopravvissuta alla furia del figlio che ha invece colpito a morte il padre nella casa di Opera

I rilievi dei carabinieri sul luogo della tragedia familiare

I rilievi dei carabinieri sul luogo della tragedia familiare

Milano – Marco Manfredini, 30 anni, che il 7 gennaio del 2021 uccise il padre con una coltellata alla gola e tentò di uccidere anche la madre nello stesso modo, era capace di intendere e volere al momento in cui entrò in casa e aggredì mortalmente il genitore? O era totalmente incapace, preda della schizofrenia paranoide, malattia di cui soffriva da anni? E ancora: può essere condannato e stare in carcere? O deve essere assolto e mandato in una Rems?

Ieri, nel corso dell’istruttoria in Corte d’Assise, ha testimoniato l’anziana madre di Manfredini, unica sopravvissuta, che ha ripercorso gli attimi strazianti dell’aggressione, il suo tentativo di chiedere aiuto. La donna si è costituita parte civile nel processo, chiedendo quindi la condanna del figlio, (che presuppone la capacità) e, a supporto del racconto, il quadro della malattia di Manfredini è stato spiegato dallo psichiatra Marco Lagazzi, perito del gip.

Pochi minuti in tutto, la mattina di quel 7 gennaio di due anni fa quando Manfredini ha chiesto ai genitori di aprire la porta del loro appartamento ad Opera per riaccoglierlo, ancora una volta, in casa. "Stavolta il padre impietosito da una frase gentile - ha raccontato la mamma del 30enne - lo ha fatto entrare, ma lui era già armato di coltello" e come una furia, pronunciando frasi senza senso, ha infierito subito sull’uomo di 83 anni che si è accasciato a terra. "Poi è venuto verso di me con il coltello - ha proseguito la donna - io non ho avuto difese di fronte alla sua rabbia, sono caduta, ho in memoria l’immagine di lui che mi tiene a terra e mi procura dei tagli sul viso e, sul collo, ancora più profondi. Io non sentivo dolore, ma pensavo che sarei morta, volevo solo che se ne andasse il prima possibile per riuscire a chiamare i soccorsi ed aiutare mio marito che, a terra, ricoperto di sangue, non si muoveva più.

Marco colpiva, colpiva e intanto mi ripeteva “Io sto uccidendo il demone che ha fatto scappare mia madre”. “Ad un tratto - continua la donna - Marco si è alzato e mi ha chiesto dove fossero le chiavi della macchina. Io gli ho indicato le tasche della giacca del padre. Lui le ha prese e se ne è andato chiudendo a chiave la porta di ingresso in modo che nessuno potesse aiutarci".

Manfredini poi, è fuggito in auto (aveva la patente dal 2017 e non gli è mai stata ritirata, nonostante le viste mediche certificassero la malattia psichiatrica). Al volante, quel giorno, procurerà un grave incidente. "Con un filo di forza - continua la donna - ho chiamato il fratello di Marco e poi ho perso conoscenza". Si giocherà quindi tutto sulle perizie e sulle consulenze di parte il futuro di un processo, uno dei pochi, nei confronti di persone manifestamente malate.

Lo psichiatra Marco Lagazzi (lo stesso del caso Genovese) ha cristallizzato nella perizia depositata al gip la "schizofrenia paranoide". Si torna in aula per la requisitoria del pm e la decisione del giudice: assolverlo per manifesta incapacità con trasferimento in una Rems o condannarlo perché ritenuto, almeno parzialmente, capace.

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