"Fretta e slogan, errori si ripetono Ma i poveri non spariscono"

"Si stanno commettendo gli stessi errori del 2018, trattando il reddito di cittadinanza come una bandiera politica senza avere un’idea chiara su come affrontare il problema. I percettori che perderanno il sussidio non spariranno dalla faccia della terra, e non si capisce come potranno trovare un lavoro stabile se non lo hanno fatto finora". Il giuslavorista Maurizio Del Conte, presidente di Afol, l’azienda che gestisce i centri per l’impiego per conto dei Comuni della Città metropolitana di Milano, torna con la memoria alla "eccessiva fretta" con cui la misura fu introdotta dal Governo Lega M5s, versando il sussidio senza prima potenziare i centri per l’impiego. La stessa fretta con cui ora, fallito l’obiettivo di ricollocare i beneficiari nel mondo del lavoro, il reddito di cittadinanza si avvia un progressivo smantellamento.

Il reddito di cittadinanza, almeno per come fu concepito all’origine, è all’epilogo?

"Non è ancora chiarissimo quello che succederà, anche noi attendiamo indicazioni. Nella stretta decisa dal Governo c’è un aspetto che lascia più perplessi".

Quale?

"Far ruotare tutto attorno al concetto di “occupabile“, così ampio e ambiguo. I beneficiari del reddito in carico ai centri per l’impiego sono considerati abili al lavoro, e quindi in grado di uscire dal sussidio, quando invece nella realtà il 75% di loro non ha mai incrociato un rapporto di lavoro stabile nella sua vita. Sono persone con un titolo di studio bassissimo, e spesso con un’età avanzata, almeno a Milano".

Il Governo punta sulla formazione obbligatoria. È realizzabile nella realtà?

"Con le risorse che abbiamo è impossibile pensare a una formazione dedicata a migliaia di persone, con percorsi personalizzati. Noi ci abbiamo provato con piccoli numeri e i risultati non sono stati incoraggianti. Su una platea già selezionata di persone solo il 20% si è reso disponibile a partecipare a un corso finalizzato a un inserimento lavorativo. Siamo partiti con una classe di 20 persone, hanno concluso il percorso in 15. Il tasso di dispersione è altissimo".

Quale potrebbe essere, in questo panorama, la soluzione?

"Investire sulle politiche attive del lavoro, come ripetiamo da anni. Invece, nella mancanza di idee che non siano slogan e propaganda, il problema resta irrisolto. Semplicemente si mette la polvere sotto il tappeto, rimandando a domani la ricerca di una soluzione".

Vede il rischio di problemi sociali all’orizzonte?

"Il rischio c’è, anche perché ci troviamo in un periodo di crisi e abbiamo di fronte una recessione preoccupante. Queste persone non spariranno da un giorno all’altro. Dovranno continuare a essere seguite, pur con altre forme".

Andrea Gianni

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