"Mi hanno arrestato perché ho rubato per aiutare mia mamma"

Viaggio fra i ragazzi in difficoltà all'interno del carcere minorile Beccaria di Milano

Mariavittoria Rava, presidente della Fondazione Francesca Rava

Mariavittoria Rava, presidente della Fondazione Francesca Rava

"Non bisogna aspettare i campanelli d’allarme per attivarsi. È necessario che chi di dovere risponda ai bisogni quotidianamente, sia a quelli dei giovani in difficoltà e sia a quelli del personale che ce la mette tutta ma scarseggia". Mariavittoria Rava è presidente della Fondazione Francesca Rava - NPH Italia Onlus che all’Istituto penale per minorenni Cesare Beccaria ha dato vita al progetto “Palla al centro“, iniziativa che offre "percorsi di rinascita" fin dentro le mura del carcere. Era presente nei giorni di festa? Che clima si respirava? "Sì. Il 23 dicembre abbiamo organizzato con i nostri volontari una merenda di Natale con i ragazzi. Erano abbastanza agitati perché il Natale è un momento “di famiglia“ e loro lo avrebbero trascorso lontani da casa ma nessuno di noi adulti poteva immaginare quello che sarebbe successo due giorni dopo. Non c’era tensione. Molti dei reclusi sono poco più che quattordicenni, sentono la mancanza dei loro cari soprattutto in questi giorni. Alcuni di questi giovani si sentono pure responsabili nei confronti delle loro mamme: molte si ritrovano sole a crescere i figli. Parliamo di famiglie fragili, in condizioni di disagio economico e sociale. Un ragazzo tunisino di 14 anni, il giorno della festa, si è espresso con una frase bellissima". Quale? "Ha scritto una canzone, metà nella sua lingua e metà in italiano, dicendo: “Io sono poco più che bambino. Mi hanno arrestato perché ho rubato per aiutare mia mamma“. Io gli ho detto: “Tu sei ancora un bambino. Hai tutta la vita davanti. Che cosa ti piacerebbe fare?“. E mi ha risposto “il panettiere"" Tra i partecipanti alla festa c’erano anche i 7 ragazzi evasi il giorno di Natale? "Erano tutti presenti. Abbiamo mangiato il panettone e bevuto la cioccolata calda. C’erano segnali di sofferenza ma non di intemperanza. Auspichiamo che l’episodio non stigmatizzi i detenuti. Noi siamo a fianco della direzione, del personale e degli agenti. La speranza è che l’avvenimento, seppur drammatico, possa velocizzare i lavori di riqualificazione della struttura affinché sia più vivibile per i ragazzi e il personale, che deve essere incrementato". Qual è il ruolo della fondazione all’interno del Beccaria? "Siamo stati chiamati tre anni fa per dare supporto come privato sociale perché ci sono delle carenze: il personale non basta e molti spazi sono da riqualificare. Abbiamo ristrutturato la palestra dove ora si praticano jujitsu, yoga, calcio, basket e break dance. Abbiamo imbiancato aule insieme ai ragazzi; promosso attività di informatica, grafica, web design e arte. Per incanalare le energie in qualcosa di positivo e costruttivo". Quanti volontari mettete in campo? "A centinaia. Continueremo la nostra missione con l’obiettivo di costruire relazioni con i ragazzi. Un ponte tra dentro e fuori. Hanno bisogno di ascolto, di appigli che li aiutino a sperare. E noi ci siamo". 

 

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