Milano, vent’anni di evasione fiscale per 270 milioni tra Italia e Cina: 22 arresti nella logistica

Indagate tre aziende con sede nell’hinterland: le intercettazioni sono state possibili grazie all’uso di alcuni trojan informatici

La Guardia di Finanza in azione

La Guardia di Finanza in azione

Milano – Una quindicina di cinesi indagati, alcuni arrestati, quasi 130 capi di imputazione in totale e circa 270 milioni di euro versati in Cina, con pagamenti di false fatture, e poi rientrati in contanti in Italia. Sono i numeri dell’inchiesta della Procura di Milano su una rete di consorzi e cooperative e con al centro una presunta maxi frode fiscale andata avanti per vent’anni, dal 2000 al 2020 almeno.

L’utilizzo dei trojan

Fondamentali nell'inchiesta sono state le intercettazioni attraverso il sistema del trojan, ossia dei captatori informatici inseriti nei telefoni degli indagati e che li trasformano in microspie. È quanto emerso dalle indagini coordinate dai pm di Milano Grazia Colacicco, Pasquale Addesso e Roberto Fontana (ora componente del Csm). Dall'ordinanza firmata dal gip Luca Milani risulta anche che gran parte dei profitti illeciti della presunta maxi frode fiscale delle bancarotte sarebbe stata prima girata in Cina ad alcuni complici cinesi attraverso false fatture e poi sarebbe rientrata in Italia.

I vertici della gang

«Al vertice» della presunta «organizzazione criminale», scrive il gip Luca Milani nelle oltre 700 pagine di atti, tra ordinanza e decreto di sequestro, «si colloca la figura di Salvatore Bordo», il cui nome era già emerso in un’altra indagine simile a Milano e presunto «amministratore di diritto e di fatto di svariate imprese» coinvolte nella maxi frode. In un’intercettazione ambientale del 2021 Bordo diceva: «Io faccio falsa fatturazione ok? (...) c’è il riciclaggio di mezzo perché fai i soldi, falsa fatturazione, e loro li mandano in Cina .... se è così e scoprono ci arestano tutti!».

Solo una delle tantissime intercettazioni, attraverso il sistema del trojan, contenute negli atti. A fianco di Bordo ci sarebbe stato il suo «importante collaboratore» Jin Weiwei, che avrebbe coordinato le «retrocessioni di denaro contante» dalla Cina all’Italia. Per Weiwei, così come per Bordo e Salvatore Castaldi, altro presunto collaboratore di Bordo, è stata disposta la custodia in carcere.

I 22 arresti

Ventidue le ordinanze di custodia cautelare, di cui dieci in carcere e dodici ai domiciliari, sono in via d'esecuzione da parte dei militari della Guardia di finanza di Milano, nell'ambito dell’indagine coordinata dalla Procura, su un sistema operante in Lombardia, proseguito dal 2000 a oggi, finalizzato all'evasione fiscale, attraverso la sostituzione delle società ‘pilotate’ al fallimento (consorzi e società cooperative di lavoro) con nuove società costituite ad hoc e l'emissione e l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Il ruolo delle cooperative

Il meccanismo utilizzava società cooperative che, dopo appena pochi anni di attività, venivano svuotate e abbandonate all'insolvenza. Si creavano nuovi operatori apparentemente "puliti”, per ostacolare le indagini successive alla scoperta della frode. Sono in corso perquisizioni e sequestri preventivi per quasi 300 milioni di euro costituenti il profitto dei reati di bancarotta e violazioni fiscali.

Fatture per operazioni inesistenti

L'inchiesta della Procura di Milano, condotta dai pm Grazia Colacicco e Pasquale Addesso, che ha portato a 22 arresti, ipotizza le accuse di associazione per delinquere, bancarotta, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ed è incentrata sulla gestione di consorzi attivi nel settore della logistica e del facchinaggio. Questi avrebbero affidato commesse ricevute dalla clientela a imprese consorziate o collegate, tutte intestate a prestanome, sulle quali sono stati fatti gravare tutti gli oneri contributivi e fiscali relativi ai lavoratori.

Le società sotto indagine

A finire sotto indagine il Consorzio Sac, di Lainate, il Consorzio Progresso Logistico, sempre di Lainate e la Ailati Scarl di Trezzano sul Naviglio. Erano questi che si occupavano dell'intera gestione di tutte le cooperative e società, mentre dal meccanismo derivavano notevoli profitti illeciti ai danni dell'Erario, dei lavoratori e delle imprese concorrenti che operano invece nella legalità.

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