Deodorante sui colleghi stranieri, il giudice: un corso anti-razzismo

La vicenda un anno fa in una pizzeria della stazione Centrale. Condannati sia l'autore materiale del gesto che il datore di lavoro

La sequenza di fotogrammi dal video choc

La sequenza di fotogrammi dal video choc

Milano, 26 gennaio 2020 - La società Vagonerosso dovrà organizzare un corso per tutti i suoi dipendenti per avvicinarli "alle tematiche razziali, al fine di educarli al doveroso rispetto di ogni cittadino quale che ne sia la sua provenienza o etnia". La decisione, inedita, è stata presa dal giudice del lavoro Sara Manuela Moglia, che ha accolto parzialmente il ricorso presentato da due dipendenti della società, che usa in franchising il marchio Rossopomodoro, per essere stati discriminati sul posto di lavoro. La vicenda era emersa esattamente un anno fa, quando sui social era comparso un video in cui si vedeva un uomo che costringeva due giovani pizzaioli stranieri ad alzare le magliette per spruzzare loro addosso un deodorante. "Oh oh disinfestazione", il commento di un’altra persona che aveva materialmente ripreso la scena. L’azienda si era subito dissociata da quel gesto e annunciato l’avvio di un’indagine interna.

I dipendenti vessati , due uomini e una donna (sulle accuse di quest’ultima non sono state trovate prove sufficienti), assistiti dagli avvocati Daniele Bergonzi, Alberto Guariso e Livio Neri, si sono rivolti al Tribunale del lavoro per ottenere il risarcimento dei danni e l’adozione "di provvedimenti volti alla rimozione degli effetti" di quanto patito nel corso dell’esperienza lavorativa. In particolare, i lavoratori in servizio nel punto vendita della Stazione Centrale hanno riferito di essere stati insultati con epiteti chiaramente razzisti ("Negro di m.", "Africano di m." e "Ti rimando in Africa", solo per citarne alcuni).

Accuse che sono confermate da alcuni colleghi, che hanno dichiarato di aver sentito più volte pronunciare quelle parole offensive da parte di colui che, nonostante la società abbia negato, era considerato (si è dimesso dopo la vicenda) una sorta di coordinatore dei pizzaioli. Le condotte accertate da riscontri e testimonianze, al di là dell’inequivocabile contenuto del video, sono state considerate dal giudice Moglia punibili ai sensi dell’articolo 2 comma 3 del decreto legislativo 215 del 2003: "Sono altresì considerate come discriminazioni – si legge – anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati posti in essere per motivi di razza o di origine etnica, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo". Respinta al mittente la difesa dell’autoproclamato capo finito alla sbarra, che ha provato a giustificarsi sostenendo che quel gesto fosse legato a una discussione sul calcio e che l’episodio fosse avvenuto "in un contesto giocoso e goliardico".

La risposta del giudice non lascia spazio alle interpretazioni: "Seppur le tre persone ritratte sorridano (nel filmato, ndr), è evidente che sollevano la maglietta e le braccia in quanto comandati di farlo, e l’estremo tentativo (di uno di loro, ndr) di coprirsi denota uno stato di imbarazzo e umiliazione ben poco compatibili con uno spirito giocoso".

Non solo il dipendente razzista, però. La condanna è stata estesa anche alla società Vagonerosso, che, secondo il giudice, non avrebbe fatto abbastanza per far rispettare il regolamento interno che pure prevedeva al punto 2.2. l’obbligo per i dipendenti di avere "un atteggiamento inclusivo" e di ripudiare "ogni forma di emarginazione e discriminazione diretta o indiretta". Conclusione: "Deve essere ordinato alla società di adottare misure a rimuovere gli effetti e a prevenire ulteriori comportamenti". Come? Con "la realizzazione di un corso al quale siano chiamati a partecipare, obbligatoriamente, tutti i dipendenti e che, con l’intervento di esperti, avvicini gli stessi alle tematiche razziali". Ovviamente, non va dimenticato il riconoscimento economico alle vittime di discriminazione, quantificato in 2.800 euro per una (l’equivalente del 50% della retribuzione mensile moltiplicato per i 7 mesi di lavoro) e in 5.600 per l’altra (14 mesi).  

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