Arriva la variante Acrux, Gismondo: “Non spaventa, la crisi finita. Ma i controlli no”

Isolato a Milano il nuovo ceppo: “Più contagiosa, non più grave”. La direttrice del laboratorio di Microbiologia: “Sequenziamo tutto”

La virologa e microbiologa Maria Rita Gismondo

La virologa e microbiologa Maria Rita Gismondo

Dovrebbe essere il secondo caso in Italia, dice Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, dov’è stata intercettata l’ultima variante del Sars-CoV-2 finita sotto la lente degli esperti: denominazione tecnica XBB.2.3.2, nome di battaglia assegnato dai social "Acrux".

Per la precisione, si tratta di una “figlia” di Acrux (XBB 2.3) della quale sono stati già individuati diversi derivati, come questo che gli esperti indiani ritengono il più veloce nel contagio. Ma la situazione, assicura Gismondo, "non è allarmante", anche perché la variante Acrux è già stata intercettata in diversi Paesi: oltre che in India in altre zone dell’Asia, negli Stati Uniti e in Spagna, "e l’unica osservazione che stiamo facendo è che si mostra un po’ più contagiosa, ma non con una maggiore gravità di patologia. Rimane tutto in uno scenario non pandemico".

Professoressa Gismondo, ha sottolineato che questa scoperta dimostra soprattutto che i controlli funzionano.

"Esatto: la variante è stata intercettata dal sequenziamento dei tamponi positivi. Noi del Sacco, insieme ai colleghi del San Matteo di Pavia, siamo i centri di riferimento che continuano ad analizzare i tamponi positivi che arrivano agli ambulatori del servizio pubblico. Le sequenze vengono trasmesse all’Istituto superiore di sanità".

Sequenziate tutti i tamponi? O solo quelli dei pazienti più gravi, che vengono ricoverati con la Covid?

"Tutti, sequenziamo tutti i tamponi positivi. La Regione Lombardia ha attivato una rete per la sorveglianza non solo del Sars-CoV-2, ma dei principali virus respiratori. Una cosa che in Italia avremmo dovuto avviare da anni; in Gran Bretagna, dove ho lavorato, lo facevano trent’anni fa, anche se non con le tecniche che abbiamo oggi".

Una delle lezioni che abbiamo appreso dalla pandemia?

"E una delle poche conseguenze positive del Covid, diciamolo. Purtroppo molte altre cose si stanno dimenticando".

Ad esempio?

"La crisi dei letti in pronto soccorso e in rianimazione: alla fine in Italia sono stati ampliati molto poco, anche perché non c’è il personale per farlo. Chi lavora in un reparto pensa sempre che quello più a corto di forze sia il suo, ma in effetti le nazioni che avevano più posti di rianimazione sono quelle che hanno avuto meno morti: questa è un’altra lezione dura che non dovremmo dimenticare".

Tornando alla situazione delle varianti Covid, non dobbiamo temere sorprese?

"Le sorprese i virus in generale, e non solo la Sars 2, possono farcele sempre, però analizzando la storia recente di questa pandemia, quale è stata la sua evoluzione, possiamo dire con uno scarto davvero millesimale di errore che si conferma la circolazione endemica del virus. Che essendo un virus a Rna comunque continua a mutare. Le mutazioni, però, dovrebbero mantenersi nell’attuale “innocuità”".

Quindi non dobbiamo temere un’ondata estiva come quella dell’anno scorso?

"Fermo restando che qualunque virus può farci una sorpresa, e Sars-CoV-2 meno degli altri data la sua evoluzione, non è assolutamente nelle previsioni".

Cosa ne pensa della possibilità di un richiamo vaccinale, magari in vista del prossimo inverno?

"Non credo ce ne sia bisogno. La vaccinazione si fa sempre valutando il rapporto rischi-benefici. Se parliamo di pazienti estremamente fragili, qualora in possesso di dati sufficienti che lo giustifichino, si potrebbe prendere in considerazione, così come si fa per l’antinfluenzale. Ma tutti gli altri, a cominciare dai bambini, li escluderei".

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