Coronavirus, contagi al lavoro: pagano le donne. Milano maglia nera con l’8% dei morti

Gli ultimi dati Inail raccontano la strage in ospedali e Rsa, ora occhi puntati sul mondo della scuola. Restano fuori da ogni bilancio i lavoratori più precari e “invisibili“

Coronavirus

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Milano 22 settembre 2020 -  Hanno più di 35 e meno di 64 anni, vivono tra Milano e hinterland, sono di sesso femminile e lavorano nel campo della sanità o nell’assistenza sociale. È l’identikit dei lombardi che, da quando è esplosa l’emergenza sanitaria, sono entrati in contatto con il virus sul posto di lavoro e hanno denunciato l’infortunio da Covid-19. Sono in tutto 18.779 in Lombardia, fra cui ben 5.769 nella Città metropolitana milanese, secondo gli ultimi dati Inail aggiornati allo scorso 31 agosto. E il 72.3% dei contagiati è di sesso femminile. Si tratta di medici e infermiere, operatrici socio sanitarie nelle case di riposo, addette alle pulizie e ai servizi che hanno lavorato in prima linea nei mesi del lockdown e sono ancora esposte a rischi. Numeri che sono sottostimati perché in tanti casi, quando non è chiara l’origine dell’infezione, l’assenza dovuta al contagio è stata considerata come semplice malattia e non come infortunio. Senza considerare il bacino dei lavoratori più precari e “invisibili“, senza tutele.

«Tra le regioni si conferma il primato negativo della Lombardia – si legge nell’ultimo rapporto Inail – con oltre un terzo dei casi denunciati (36,0%) e il 42,6% dei decessi". Primato dovuto all’alto numero di abitanti e all’alto tasso di industrializzazione, ma anche al fatto di essere il territorio italiano più colpito dalla pandemia. Su 18.779 infortuni Covid, 129 hanno avuto "esito mortale", quasi la metà dei 303 registrati a livello nazionale. E in Italia la provincia più colpita è quella di Milano (11%), seguita da Torino (7,9%), Brescia (5,5%) e Bergamo (4,7%), che con 37 decessi, pari al 12,2% del totale, è al primo posto tra le province con più casi mortali. Poi arrivano Milano (8,3%), Brescia (7,9%) e Napoli (6,3%). E analizzando i dati è possibile leggere anche l’andamento della pandemia e l’impatto sui luoghi di lavoro, dove si moltiplicano gli appelli a "non abbassare la guardia".

Dopo il lockdown, con la graduale ripresa delle attività, si riduce l’incidenza dei casi di contagio nel settore della sanità e assistenza sociale, che passa dal 71,6% del periodo marzo-maggio al 56% di giugno-agosto. Incrementa invece in quelle attività economiche che, soprattutto nel periodo estivo, hanno visto una ripresa, come i servizi di alloggio e ristorazione (passati dal 2,5% di marzo-maggio, al 4,3% di giugno-agosto) o noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (cresciute dal 4,3% del periodo marzo-maggio al 13,7% nel solo mese di agosto). Un punto interrogativo, ora, è legato al rientro a scuola, con la possibilità che si alzino i contagi tra il personale scolastico. Ma il settore della sanità resta quello più a rischio. I decessi in Lombardia riguardano per quasi un terzo il personale sanitario e assistenziale, come medici, infermieri e Oss. E il 78.6% dei "casi codificati" riguarda i settori sanità e assistenza sociale, seguiti da un 5.9% nelle attività manifatturiere.  

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