
Alcuni controlli effettuati per il coronavirus in una foto di repertorio
Milano, 24 febbraio 2020 - Le bambine trascorrono le giornate tra giochi, disegni e colori, tv e videogame, "mangiano e bevono più del solito, aiutano la mamma a cucinare". L.G. è in quarantena con la moglie e le quattro figlie, due gemelline di 3 anni, le altre di 4 e 6 anni. Una reclusione iniziata il 25 gennaio a Shanghai e proseguita lunedì scorso, quando la famiglia è rientrata in Italia in aereo dalla Cina con scalo a Mosca, perché i collegamenti diretti sono bloccati. Sono partiti dal ”coprifuoco” in una megalopoli deserta e sono rientrati poco prima che scoppiasse l’emergenza coronavirus anche in Italia.
L.G. , dipendente di un’azienda di Cantù, nel Comasco, aveva scelto di trasferirsi in pianta stabile con la famiglia in Cina per lavorare nella filiale di Shanghai con l’incarico di occuparsi dell’installazione di macchinari per il taglio laser nelle ditte dei clienti asiatici. "Sinceramente mi sentivo più al sicuro in Cina - racconta - all’arrivo in aeroporto non ci hanno sottoposti neanche a un controllo supplementare, nonostante il timbro sul passaporto certificasse la nostra provenienza. Stiamo tutti bene, non siamo stati ancora sottoposti al tampone".
Per ora i controlli si limitano a due telefonate quotidiane delle autorità sanitarie, con un monitoraggio della temperatura corporea e di eventuali sintomi. La famiglia dovrà rimanere in casa almeno fino a lunedì 2 marzo. "Per fortuna prima di arrivare in Italia abbiamo chiesto a un conoscente di fare un po’ di spesa - prosegue L.G. - ormai ci abbiamo fatto l’abitudine, visto che dal 25 gennaio, una ventina di giorni dopo il nostro arrivo, siamo rimasti chiusi nel residence a Shanghai. Ci siamo preparati al peggio - scherza - guardando film come “Virus Letale” “Contagion”, la serie “Chernobyl”". Le bambine hanno capito la situazione, "sono un po’ annoiate ma per loro stare a casa da scuola è una pacchia". Il futuro? "Quando rientrerà l’emergenza torneremo tutti in Cina".