Coronavirus, sacchi neri usati per proteggersi: sicurezza fai-da-te degli infermieri

Milano, foto choc degli operatori della casa di cura del Policlinico accreditata dalla Regione . Mancano i dispositivi di difesa nella struttura focolaio: contagiati 25 pazienti e 21 assistenti

Il documento fotografico: operatori sanitari si proteggono con sacchi e cerotti

Il documento fotografico: operatori sanitari si proteggono con sacchi e cerotti

Milano, 9 aprile 2020 - Le gambe protette con sacchetti per la spazzatura stretti da decine di cerotti. Una busta di plastica trasparente a coprire il collo, lasciato indifeso dal camice plastificato. Sono le contromisure fai-da-te che alcuni operatori sanitari della Casa di cura privata del Policlinico hanno adottato nei giorni scorsi, come documentano le foto visionate dal Giorno, per accedere ai settori della clinica dove sono stati isolati i pazienti Covid-19, in assenza delle tute protettive che vanno utilizzate quando si ha a che fare con un contagiato.

Il coronavirus è entrato poco meno di un mese fa nella struttura di via Dezza 48 a Milano, accreditatata dal 2005 con la Regione per funzioni neuroriabilitative, e ha dato vita a un focolaio: sono stati infettati 25 pazienti e almeno 21 operatori sanitari. Non si sa con esattezza da dove sia partito il contagio, anche perché alla Casa di cura arrivano pazienti da diversi ospedali (Niguarda, Policlinico e San Paolo) per effettuare la riabilitazione dopo incidenti stradali o ictus. All’insorgenza di sintomi compatibili col coronavirus, i primi ospiti sono stati sottoposti al test naso-faringeo; a seguire, sono iniziati i tamponi a tappeto. A quel punto, però, il Covid si era già diffuso: al terzo piano sono state coinvolte 14 persone, al secondo 11; di questi, tre sono deceduti dopo il trasferimento in pronto soccorso.

La dirigenza è corsa ai ripari, come ci ha spiegato il direttore sanitario Luigi Pisani, dividendo i piani tra pazienti Covid e negativi. Da via Dezza sottolineano di essersi mossi in anticipo e di aver protetto a sufficienza il personale, ma gli operatori sentiti dal Giorno parlano di dispositivi ancora inadeguati e portano come testimonianza pure quegli scatti che mostrano operatrici sanitarie costrette ad “arrangiarsi“ con sacchetti e cerotti. "Viene segnalato e puntualmente documentato l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale non sufficienti a fronteggiare questa fase di emergenza Covid-19 – si legge in una mail inviata cinque giorni fa dalla Uil Fpl alla dirigenza –. Avendo settori dedicati a pazienti Covid positivi, ci dovrebbero essere tutti i Dpi adeguati, ed è anche inaccettabile sentire, da chi è preposto, che il personale del Dezza ha più presìdi che in altri posti". Nello specifico, "mancano visiere protettive, mancano gambaletti protettivi, in assenza di tute si utilizzano camici non sufficientemente lunghi, e inoltre si contesta l’utilizzo del doppio guanto". A quella nota è stato risposto il giorno dopo che "la mancanza provvisoria di tute (rifornimentoè previsto per i prossimi giorni) è stata sopperita dall’utilizzo di camici monouso idrorepellenti, mentre le visiere sono sempre state sostituite dagli occhiali di protezione".  

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