Fiumi di cocaina dall’Olanda a Quarto Oggiaro: "Con i Morabito e i Bruzzaniti prendiamo in mano Milano"

Le rivelazioni del broker Raffaele Imperiale sull’alleanza fra criminalità calabrese e campana. Così inondavano la città: "Fino a 300 kg al mese". Operazione della Gdf, 40 misure cautelari

Raffaele Imperiale e Bruno Carbone

Raffaele Imperiale e Bruno Carbone

«Per non intensificare il mercato napoletano, cerchiamo di prendere il mercato milanese. Abbiamo i Morabito, i Bruzzaniti, che sono i più forti, sono una famiglia storica su Milano". La genesi della "cooperazione della criminalità campana con quella calabrese radicatasi da tempo a Milano", per inondare di cocaina e altre sostanze stupefacenti le piazze del capoluogo lombardo, emerge dalle parole di Raffaele Imperiale, broker della droga per la camorra soprannominato il "boss dei Van Gogh". Il narcotrafficante, estradato da Dubai nel marzo 2022 e di recente divenuto collaboratore di giustizia, lo scorso 25 gennaio, interrogato dai pm, ha ripercorso la decisione presa in piena pandemia di "fare una società con i calabresi" creando una “joint venture“ e mettendo a disposizione i suoi canali di approvvigionamento. Calabresi rappresentati da Bartolo Bruzzaniti, nato nel 1975 a Locri e attualmente latitante (probabilmente in Costa d’Avorio), e dal fratello Antonio.

Una famiglia considerata dagli inquirenti "l’importante se non unico punto di riferimento delle organizzazioni criminali che controllano la piazza di spaccio dell’area metropolitana" di Milano. Bartolo, tra l’altro, avrebbe anche "favorito e finanziato" la latitanza di Rocco Morabito, il boss della ’ndrangheta arrestato l’anno scorso in Brasile, considerato il “re della cocaina di Milano“. Nomi che riaffiorano - dalle famiglie Barbaro e Papalia a Davide Flachi, figlio del defunto boss della Comasina Pepè Flachi - nell’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano e condotta dalla Guardia di finanza con al centro l’accusa di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti con l’aggravante della transnazionalità e dell’ingente quantità.

Una “multinazionale del crimine“ in grado di importare fino a 300 chili di cocaina al mese, che poteva essere rivenduta "a 34mila euro al chilo" e dunque per un valore di oltre 10 milioni di euro. Il gip Stefania Donadeo ha emesso misure cautelari a carico di 40 persone (38 in carcere e due con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria): tra gli indagati Bartolo e Antonio Bruzzaniti, Franco Barbaro, Domenico Salvatore Papalia e Daniele Antonino Papalia, Davide Flachi (già condannato in primo grado a 20 anni di carcere nell’ambito di un altro procedimento), Francesco e Santo Morabito, il broker Imperiale e il suo braccio destro Bruno Carbone, il 35enne Michael Fasano, presunto capo di un’organizzazione che controllava la piazza di Quarto Oggiaro.

«Chi si vuole occupare del business della cocaina deve stringere un accordo con le famiglie calabresi", ha spiegato il capo della Dda, Alessandra Dolci, in conferenza stampa con il Procuratore Marcello Viola, il pm Gianluca Prisco, il comandante provinciale della Gdf di Milano, generale Francesco Mazzotta, e altri vertici delle Fiamme gialle. Le perquisizioni hanno portato finora al sequestro di 73mila euro, armi da fuoco e pugnali. Un affare milionario per Imperiale e la famiglia Bruzzaniti, che aveva anche offerto al broker detto “Lelle ferrarelle“ un rifugio sicuro in Africa. Le partite di cocaina proveniente dal Sud America venivano caricate su camion nei Paesi Bassi e trasportate in Italia, in un anonimo magazzino a Gerenzano, in provincia di Varese, messo a disposizione da uno degli indagati, Giuseppe Pelaia.

Un capannone dove formalmente operava una ditta di traslochi. Da lì i grossisti ritiravano la droga (sono stati documentati trasporti di cocaina per un un peso complessivo di 645 kg, 240 kg di hascisc e 30 kg di ketamina) destinata principalmente alle piazze di Milano. Città dove la domanda di sostanze è altissima, tanto che il territorio sarebbe destinatario del "60% della droga" introdotta in Italia attraverso il porto di Gioia Tauro.

«Milano mi spetta di diritto", affermava Bruzzaniti in una delle centinaia di chat sul sistema di messaggistica Sky Ecc finite al centro dell’inchiesta. "Se abbiamo prezzo prendo città e tutta – spiegava – se ho prezzo statevi sereno che li mandiamo a pensione (...) I grossisti di Milano sono tutti amici miei da 30 anni". Si definiva "tra i numeri uno", e incoronava come "numero uno in Quarto Oggiaro" l’organizzazione guidata da Michael Fasano, alla quale era destinata parte della droga, così come al clan Flachi. A Quarto, evidenzia il gip nell’ordinanza, veniva reclutata una manovalanza di giovani che "vedono lo spaccio come una normale attività lavorativa". Una struttura gerarchica dove operavano "mamme", con la funzione di custodire e tagliare la droga, "cavalli" e "ragazzi" all’ultimo gradino, mandati sulle strade del quartiere.

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