Chiarezza sulla riforma del Catasto

Achille

Colombo Clerici*

è molta confusione, per non dire prevenzione, nel dibattito sulla riforma del Catasto. Molti continuano a sostenere che si tratti di una riforma ineludibile perché forte è l’esigenza di contrastare i deleteri fenomeni di evasione delle imposte immobiliari, che trovano il loro apice in un elevato numero di edifici non dichiarati al fisco (case fantasma) e di fabbricati irregolari sul piano amministrativo, i cosiddetti immobili abusivi. Ed in effetti, la norma dell’art. 6 del disegno di legge delega in materia di riforma fiscale, che verrà a breve sottoposto al voto del Parlamento, si compone di due parti distinte. Il primo comma che contempla le misure atte a rafforzare l’apparato normativo già esistente, volto a combattere le irregolarità dianzi indicate, e che ovviamente riguardano le situazioni di coloro che si sottraggono al loro dovere fiscale: norma che va mantenuta perché in uno stato civile e democratico non ci devono essere aree di illegalità fiscale che finiscono per risolversi in un grave danno per la collettività. Il principio che deve dominare, proprio per l’esigenza di equiparazione dei cittadini nel rispetto del “patto sociale”, è quello per cui tutti devono pagare, per pagare ciascuno di meno. D’altro lato, la disposizione del secondo comma (la vera e propria riforma del Catasto) che concerne la modificazione dei criteri di determinazione degli estimi catastali, in altre parole, un diverso modo di determinare le basi imponibili dei diversi tributi immobiliari: Imu, Registro, Successioni e donazioni, Ipocatastali, Isee, Irpef e Ires (accertamento di congruità). Riguarda gli immobili “a regime” cioè le situazioni dei contribuenti che già pagano e che, a seguito dell’introduzione del criterio patrimoniale in sostituzione di quello reddituale, correranno il rischio di veder aumentare l’attuale carico fiscale. Il Governo dice: non ci saranno nuove imposte per gli immobili. Concordiamo: né nuove imposte, né innalzamento di aliquote. Ma usciamo dai giochi di parole. Si stanno ponendo le premesse per innalzare le basi imponibili delle attuali imposte. Come se per i depositi sui conti correnti bancari si chiedesse di pagare le tasse, non sugli interessi maturati, bensì su una percentuale del capitale versato. Allorquando, secondo le parole del nostro Premier, sarebbe il momento per lo Stato di dare e non di chiedere. *Presidente Assoedilizia

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